Cindy vs Michelle. E’ scontro tra aspiranti First Lady
05 Marzo 2008
Si sa, la politica americana è meno noiosa di quella
italiana. Le vicende familiari dei candidati alla presidenza suscitano grande
interesse, forse più dei loro programmi politici, o per meglio dire sono lo
specchio di questi programmi. Ecco perché lo scontro tra la giudiziosa Cindy
McCain e la spregiudicata Michelle Obama rappresenta un pezzo della campagna
elettorale che non va trascurato. Nelle ultime settimane le due aspiranti First
Lady hanno incrociato le lame, mostrando che non si accontentano di stare al
fianco dei rispettivi mariti, timorate, rispettose e silenziose, ma rivendicano
orgogliosamente la propria autonomia.
All’inizio delle primarie democratiche Michelle Robinson in
Obama non sembrava particolarmente interessata alle luci della ribalta, ma per
una donna che considera la politica un sinonimo di concretezza era impossibile
restare a lungo nell’ombra. Serviva il suo realismo, di moglie e di madre, per
bilanciare le impennate ideali di Obama. Così Michelle si è guadagnata le prime
pagine dei giornali, è stata intervistata dalla Cnn ed è passata per il Larry King Live Show. I supporter di New
York l’hanno acclamata come una Jacqueline Kennedy reincarnata, ancora più
testarda e determinata.
Michelle è cresciuta in un piccolo appartamento in affitto.
Il padre Frasier è morto nel 1991, un anno prima che la figlia si sposasse,
mentre la madre Marian oggi è una anziana signora che vive nella stessa casa
dove Michelle ha trascorso la sua infanzia. Prima di convolare a nozze, la
ragazza aveva seguito le orme del fratello Craig, studiando a Princeton e laureandosi
in legge ad Harvard. Quand’era all’università si batteva per i diritti degli
afroamericani senza l’altisonante retorica del marito. Il Professor Randall
Kennedy ricorda che “Michelle aveva un profilo più modesto e tranquillo” di
Obama. Conclusi gli studi, Michelle torna a Chicago dove viene assunta dall’autorevole
studio legale Sidley Austin. Nel
1991, i suoi capi le chiedono di prendersi cura del giovane Barack Obama, appena
arrivato in città per uno stage estivo. La comunità afro di Chicago in principio
era un po’ diffidente verso questo politico ‘esotico’, mezzo africano e mezzo
americano, cresciuto tra l’Indonesia e le Hawaii. Grazie all’aiuto di Michelle
la popolarità di Obama cresce rapidamente.
Com’era prevedibile la carriera di Michelle è finita sotto
la lente d’ingrandimento generando non poche critiche e insinuazioni. Nel 2005,
subito dopo l’elezione del marito al Senato, la signora Obama è stata promossa
vice presidente di un ospedale: 273.000 dollari all’anno sono una bella cifra e
l’ospedale in questione ha dovuto precisare che le competenze di Michelle erano
fuori discussione. La signora aveva fatto un ottimo lavoro. Non è bastato.
L’anno scorso Michelle ha dovuto lasciare anche la direzione di una compagnia
alimentare che faceva affari con Wal-mart, il gigante della distribuzione
condannato a più riprese da Obama. Nonostante questi intoppi, gli strateghi democrats
considerano Michelle un plus nella
campagna elettorale del marito. L’hanno soprannominata the closer per la sua straordinaria capacità di concludere accordi.
Lei ha giocato un ruolo chiave nel drenare i voti della comunità afro verso Obama
e poi è passata a contrastare la popolarità di Hillary Clinton nell’elettorato
femminile.
Archiviata la sua riluttanza a scendere in campo, Michelle è
diventata un personaggio di primo piano della politica americana: fisico
statuario, tailleur aderenti, un filo di perle al collo. Newsweek la definisce “una vera roccia, un’oasi di tranquillità e
serenità per le figlie di Barack”. Quando il marito decise di correre per le
presidenziali del 2000, sembra che lei gli abbia confessato con qualche
amarezza che non avrebbe mai pensato di dover crescere la famiglia da sola. Dan
Shoman, un consulente politico che ha lavorato nello staff di Obama, ricorda
che il senatore le provava tutte pur di convincere la moglie a partecipare ai
talk e ai dibattiti politici, ma lei trovava sempre una scusa, un impegno
familiare o di lavoro inderogabile. Le cose sono cambiate e negli ultimi tempi
Obama ha dichiarato di essere rimasto sorpreso dal vedere la moglie così
coinvolta nella sua campagna.
Michelle parla e certe volte straparla. Come quando disse a
Maureen Dowd, la columnist del New York
Times, che Barack non sa farsi il letto e dimentica sempre di rimettere il
burro in frigo. Intervistata da Usa Today
se n’è uscita con un’altra dichiarazione non proprio incoraggiante: “Obama non
sarà un messia capace di risolvere con un colpo di bacchetta magica i problemi
dell’America. Farà degli errori e dirà delle cose su cui io, personalmente, non
sono d’accordo”. Fino alla gaffe di qualche settimana fa, al grande raduno democratico
di Milwaukee. Michelle ha affermato di essere davvero orgogliosa del suo paese,
per la prima volta nella sua vita adulta. Ma questo non dipende dalla campagna
elettorale del marito, quanto piuttosto dal fatto che gli americani stanno mostrando
un reale desiderio di cambiamento. Una chiarezza fin troppo deleteria che ha
creato qualche disappunto nello staff democratico e ha favorito le repliche dei
conservatori.
È in questo frangente che Cindy McCain è passata al
contrattacco, bollando la sua avversaria di antipatriottismo. Con le sue
dichiarazioni avventate Michelle ha dimostrato di non provare la giusta
riconoscenza verso il Paese che le ha offerto tante possibilità. In occasione
del raduno repubblicano in Wisconsin, Cindy ha infiammato la platea: “Io sono
fiera del mio paese. Non so se per voi è lo stesso, ma io sono molto fiera del mio paese”. Nessun
riferimento esplicito alla concorrente, ma a buon intenditore poche parole.
Cindy Hensley in McCain si presenta e si comporta come una
first lady più tradizionale: i sorrisi e il filo di perle sono gli stessi, ma
lei sembra più elegante, quasi impeccabile e perfetta. Si vanta di aver
ereditato da sua madre queste qualità, la donna che le ha insegnato a essere “una
persona perbene”. Tra lei e John è stato amore a prima vista. Quando si
incontrarono Cindy aveva appena ventiquattro anni, diciotto in meno del
senatore. È cresciuta a Phoenix, ha studiato alla Central High School, si è
laureata in Scienze della formazione all’Università della California. Figlia
unica, viene da una famiglia ricca. I suoi genitori, James e Marguerite Hensley,
nel 1955 hanno fondato la Hensley &
Company, uno dei maggiori distributori americani della birra Anheuser-Busch
in Arizona. La famiglia Hensley ha accolto il senatore McCain con un misto di orgoglio
e ammirazione. Non è cosa di tutti i giorni avere per casa un reduce
pluridecorato del Vietnam. I contatti politici di mister Hansley sono stati
utilissimi al genero per guadagnare consenso. McCain ha iniziato la sua
carriera da qui, porta a porta, accompagnato da Cindy e dalle generose risorse
degli Hensley.
Cindy ha seguito una strada tutta sua. Nel 1998 ha fondato l’American Voluntary Medical Team (AVMT),
un’organizzazione no-profit che mette in piedi ospedali da campo e offre supporto
medico nei Paesi del Terzo mondo devastati dalla guerra e dalla povertà. Un’attività
di grande rilievo che aggiunge un tocco di forza e serietà alla personalità
della signora McCain. Ci sono anche delle zone d’ombra. Alla fine degli anni
Ottanta Cindy assumeva dosi massicce di Percocet
e Vicodin
per curarsi una brutta depressione. La donna ha ammesso di aver vissuto un
periodo difficile quando il marito rimase impigliato nello scandalo Keating Five, una vicenda di corruzione che
coinvolse anche Cindy per il suo presunto ruolo di ‘contabile’. Ha confessato
di essere arrivata al punto di rubare i medicinali dagli armadietti della AVMT,
perché ormai era in piena dipendenza. Altre fonti hanno accusato i coniugi
McCain di aver orchestrato sapientemente la confessione di Cindy per distogliere
l’attenzione dei media da una vicenda collegata a questa complicata storia di
farmaci e sofferenza interiore: Tom Gosinski, ex direttore dell’AVMT, dopo
essere stato licenziato aveva iniziato a ricattare il senatore McCain,
minacciando di rendere pubblici i furtarelli della sua consorte. La querelle
legale è ancora aperta.
Cindy ha reagito con prontezza, fondando la Hensley Family Foundation,
una nuova organizzazione no profit che l’ha spinta ad allontanarsi dalle
trappole dei politicanti per affrontare a tempo pieno i problemi delle famiglie
americane. Dopo la morte del padre è diventata il boss della Hensley,
un’azienda che vanta profitti per trecento milioni di dollari. Insomma, ha
dimostrato di essere una donna che sa fare affari senza dimenticare la
solidarietà (si batte in prima linea nelle campagne per la rimozione delle mine
anti-uomo in Africa). Cindy è convinta che l’America desideri una First Lady
che viva il suo ruolo in maniera tradizionale, senza sudditanze ma evitando
anche le picconate di Michelle. Da qui la sicurezza mostrata in pubblico dopo
lo scoop sulla presunta scappatella di John con la lobbista Vicki Iseman. Cindy
non ha perso il suo sorriso a ventiquattro carati. Rispondendo alle domande dei
giornalisti, ha infilzato il Times dicendo che un grande e rispettato giornale
americano non dovrebbe abbandonarsi così spudoratamente al gossip. La sobrietà
appare la vera risorsa della first lady repubblicana alla Casa Bianca.