
Cinquanta giorni dopo

13 Marzo 2025
Cinquanta giorni fa The Donald è tornato. E con lui, la promessa di un’America che doveva smetterla di chiedere scusa per essere una superpotenza. Vinte le elezioni, il programma era chiaro: stop alla guerra in Ucraina (con un paio di telefonate), nuovi dazi e lotta all’immigrazione clandestina, oltre alla crociata anti-woke nelle università .
L’inizio, non c’è dubbio, è stato col botto: una raffica di ordini esecutivi, un tripudio di conferenze stampa, fan in delirio e Wall Street che brinda. Un nuovo Rinascimento, direbbe qualcuno. Ma al momento, se si guarda all’applicazione concreta dell’agenda MAGA, né l’invasore di stati sovrani Putin né i jihadisti che tengono ancora in ostaggio i civili ebrei a Gaza dopo il massacro antisemita del 7 ottobre hanno qualche taglia sulla testa, anzi.
Da questo punto di vista, anche la nuova amministrazione americana, come le precedenti, almeno da Obama in poi, porta avanti una diplomazia dialogante con i regimi, Iran, Russia e Corea del Nord, tanto per fare gli esempi più progressivi e luminosi. Il bello dei cosiddetti realisti in politica estera è che pensano di essere dei pragmatici sventolando documenti con gli accordi di pace ma poi puntualmente finiscono presi in giro dai regimi più o meno totalitari che non li rispettano, anzi ne fanno carta straccia.
Zelensky ha provato a ricordarlo a JD Vance prima che uno dei blogger vestiti da agente immobiliare nella sala ovale gli chiedesse conto del suo abbigliamento, ma ha rimediato solo un bello shampoo. I realisti, anche qui da noi, ormai approcciano al tema delle alleanze, ovvero delle relazioni transatlantiche, come farebbero i wokies con le statue dei Padri Fondatori: giù a picconate gli odiati simboli passatisti.
Bisogna avere pazienza, come con gli anziani o i bambini e ripetergli due o tre volte le stesse cose, per farli ragionare e riportarli alla vera realtà . Ad esempio, che oggi il Cremlino ha detto di non voler accettare il cessate il fuoco in Ucraina, almeno per il momento. Intanto, Wall Street fiuta l’aria amara. L’Ontario e la Groelandia alzano la testa. Il 48% degli americani disapprova. Dettagli? Il tempo per raddrizzare la rotta c’è ancora. Ma se continua così, difficile che l’America torni great again.