Cinque anni per tentare di inchiodare il Cav. a una condanna: senza prove

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Cinque anni per tentare di inchiodare il Cav. a una condanna: senza prove

25 Febbraio 2012

“Mezza giustizia è stata fatta”. Cinque parole, cinque anni. Le parole sono quelle di Silvio Berlusconi, i cinque anni sono quelli di un processo giudiziario e mediatico, sul quale ha giocato molto la pressione politica. Per i suoi avversari di sempre era un modo per toglierlo dalla ribalta politica, per appannare l’immagine – nazionale e internazionale – di un premier che ha dovuto tenere botta a quello che per molto tempo è stato fatto passare quasi come il ‘processo del secolo’, la prova provata della corruzione, il gancio della gogna al quale appendere il leader di un partito che da diciotto anni fa i conti con inchieste rimaste al palo, con aule giudiziarie dove, alla fine, non è risuonata la parola ‘magica’ – per molti a sinistra la più sperata e attesa -: ‘colpevole’.

“Mezza giustizia è stata fatta”, dice il Cav. sintetizzando un processo senza la prova regina del reato nel quale un pm, De Pasquale, in modo pervicace e ostinato ha portato avanti la sua tesi facendo il calcolo col misurino (giudiziario) sui tempi della prescrizione e un collegio giudicante che ha respinto l’audizione di decine e decine di testi della difesa, così come invece dice la legge. E’ sembrata una corsa contro il tempo e per la condanna. Non è andata così. E non finirà così.

Berlusconi conferma la sua innocenza (sperava nell’assoluzione) e il fatto di essere vittima di una persecuzione giudiziaria (lo stesso Mills in una delle tante deposizioni lo ha scagionato dicendo di aver compiuto un clamoroso errore) e per questo uno dei legali, Piero Longo dice: “Una sentenza così la impugno tutta la vita”. A fare ricorso, pare di capire, sarà anche l’accusa.

Intanto il verdetto divide la politica. Nelle file del Pdl c’è soddisfazione, in quelle del Pd delusione. In mezzo il silenzio della Lega. Nel quartier generale di via dell’Umiltà si batte il tasto sull’assoluzione che avrebbe dovuto esserci. “In un Paese normale il processo Mills non sarebbe mai neppure cominciato, ma il pronunciamento della prescrizione ha almeno riconosciuto che il pervicace tentativo della Procura di Milano di vedere a tutti costi condannato un innocente si era spinto fuori tempo massimo”, osserva il vicepresidente dei senatori Pdl Gaetano Quagliariello, mentre Angelino Alfano definisce quella del pm “una folle corsa”, e il “tentativo di taroccare il calcolo della prescrizione pur di ottenere una condanna, solo morale, di Berlusconi”.

Le critiche si appuntano sul pm De Pasquale, ‘reo’ di aver tentato una forzatura per non far dichiarare prescritto il reato contestato al Cav. Ma c’è anche chi, come Maurizio Gasparri ci va giù duro annunciando addirittura “una crociata” contro i magistrati che con “calcoli sbagliati” volevano portare Berlusconi a condanna. Gasparri chiede che Di Pasquale sia allontanato dalla magistratura, proposta che innesca la levata di scudi di Magistratura democratica.

E Bersani? Non ce la fa a rinunciare alla dose quotidiana di antiberlusconismo: dice che se il Cav. vuole davvero essere riconosciuto innocente dovrebbe rinunciare alla prescrizione e dare ai giudici il tempo di pronunciarsi nel merito. Nichi Vendola fa l’indignato speciale: “Ingiustizia è fatta”. E il collega della foto di Vasto, Antonio Di Pietro, si rimette la toga di Mani Pulite: “Resta il fatto obiettivo che i giudici, anche in esito al dibattimento, non hanno potuto procedere all’assoluzione ‘per non aver commesso il fatto’ perchè, evidentemente, il fatto l’ha commesso eccome”.

Tra novanta giorni il dispositivo delle sentenza con le motivazioni. Resta una domanda: quanti soldi pubblici sono stati spesi nei cinque anni giudiziari “ad personam”?