Cinque omicidi in dieci giorni. Scorre il sangue dentro le famiglie italiane

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Cinque omicidi in dieci giorni. Scorre il sangue dentro le famiglie italiane

29 Aprile 2010

Dieci giorni. Feroci, disperati, di sangue. Dieci giorni in cui le cronache hanno riportato casi di fredda violenza. Sono terribili omicidi consumati in famiglia. Una scia di violenza che di giorno in giorno sembra non arrestarsi. E’ tutto casuale? Cosa sta succedendo?

Il primo è quello di Treviso. Questi i fatti: Laura è una donna francese, di 50 anni. Ha un compagno di 61. Vuole lasciarlo per tornarsene in Francia. Lui, Francesco Rizzi, un commerciante in pensione, non ci sta. Allora prende la rivoltella e esplode un colpo verso la compagna. Laura Leduc muore all’istante. Alla vista della donna senza vita riversa sul letto, l’uomo decide di porre fine al suo straziante dolore e, puntandosi l’arma dritta al volto, spara. Non ce la fa però ad uccidersi, e il figlio, appena rincasato, lo ritrova agonizzante ai piedi della donna appena uccisa. Laura e Francesco erano sposati da 10 anni. E’ il 20 aprile.

Passano tre giorni. Gela, provincia di Caltanissetta, in Sicilia. La città è un importante centro agricolo, industriale e, soprattutto, balneare. Si affaccia su un grande golfo. In quel golfo Vanessa Lo Porto, 30 anni, da poco separata dal marito, ci si getta insieme ai due figli: Rosario, di 9 anni, autistico, e il piccolo Andrea Pio, di due. La donna, una volta in acqua, riesce a guadagnare la riva e a mettersi in salvo. Poi chiama il 113: "Venite a prendermi ho ucciso i miei bambini". I corpi dei due piccoli, vengono trascinati dalle onde per due giorni, fin quando i Carabinieri non li ritrovano ormai privi di vita. Il marito di Vanessa, Marco D’augusta, operaio 42enne, completamente sconvolto, non riesce che a sibilare una cantilena: "Non me lo sarei mai aspettato".

Ancora. Lunedì 26 aprile. Nuoro, Sardegna, nel cuore della Barbagia. Giovanni Antonio Delogu, 43enne, a malapena riesce a scandire le parole fra i singhiozzi: "Io sono disperato, un uomo distrutto", dice con gli occhi gonfi di lacrime al pm che lo interroga da dietro le sbarre. "Non li volevo uccidere – dice – è stato un tragico incidente, come ho fatto a sparare?". L’uomo, durante una delle frequenti liti in famiglia, ha impugnato la pistola, l’ha puntata verso la sorella (con la quale viveva) e ha tirato il grilletto. Poi si è girato verso il marito della donna e ha fatto di nuovo fuoco. L’accusa per lui è di duplice omicidio.

Bologna, siamo al 27 aprile. Via delle Belle Arti, dove c’è l’Accademia. Al numero 16 vive una tranquilla famiglia. Da anni ormai lavorano in un cinema di via Lame: l’Arlecchino. Bruna Mantovani, di 51 anni, prende un coltello a lama seghettata dal cassetto, va nella stanza della suocera che, inferma, è stesa sul letto, e affonda la lama dritta nel petto della donna. Tre pugnalate, a sangue freddo. Poi chiama il marito (e figlio della vittima) al telefono: "Leandro vieni subito a casa, ho fatto una sciocchezza". Leandro Ventura, di 62 anni, si precipita a casa. Apre la porta della stanza, vede la madre in una pozza di sangue e, senza avere neanche il tempo di realizzare, sente il coltello affondare nella schiena. Non poteva immaginare che la moglie gli stesse tendendo un tranello. La moglie tenta di affondare il coltello, lui la scavalca, lei lo ferisce al volto, sulle mani. Leandro riesce alla fine a bloccarla e nonostante le gravi ferite subite riesce a salvarsi e a chiamare la Polizia. All’interrogatorio, la Mantovani è talmente sconvolta e fuori di sé, che non riesce a dare alcuna spiegazione delle sue azioni. Nell’appartamento della famiglia la Polizia trova cinque lettere scritte dalla donna, indirizzate al figlio e alla sua fidanzata. In queste lettere sembra esserci un riferimento a problemi economici e a un debito che aveva contratto.

L’ultimo caso sempre martedì scorso, a Benevento. Daniela Liguori, 33 anni, come ogni giorno accompagna le sue 4 bambine a scuola, con la Fiat Multipla, insieme al marito. Abitano nel rione "Libertà". L’uomo scende per accompagnare le 3 figlie più grandi davanti al cancello della scuola, mentre sul sedile posteriore dell’auto, sul seggiolone, rimane la più piccola, di 7 mesi, in compagnia della madre. L’uomo saluta le figli, si gira, e la Multipla non c’è più. Laura è fuggita. Poco dopo, lungo la statale 212, gli investigatori ritrovano la macchina: è stata incendiata. Daniela, che riporta pesanti ustioni, è in gravi condizioni. La piccola, sul seggiolino, carbonizzata. Già dai primi rilevamenti, la Polizia, trova una scatola di fiammiferi e delle tracce di benzina sui sedili posteriori dell’auto. Per gli inquirenti la donna ha appiccato volontariamente l’incendio.

Sono troppi gli omicidi. Così, viene lanciato l’allarme. In particolare quello dell’Associazione degli avvocati matrimonialisti (Ami)che ha ricordato i risultati di un rapporto Eures-Ansa (pubblicato l’anno scorso) sui delitti consumati in famiglia. Il risultato è sconcertante: secondo questo studio l’Italia sembra essere il paese europeo con il più alto tasso delitti commessi tra familiari. Secondo i matrimonialisti, che citano anche i dati del criminologo Vincenzo Mastronardi, si consuma in media un omicidio in famiglia ogni 2 giorni, 2 ore, 20 minuti e 41 secondi. Negli ultimi sette anni sono state complessivamente circa 1.500 le vittime di questo tipo. Solitamente il movente è passionale: almeno, nel 25,9% dei casi. Seguono i contrasti personali con un 21,8% , disturbi psichici al 16,15%, le liti per l’assegnazione della casa coniugale nel 15% dei casi, ragioni economiche nell’8%. Ma il fatto ancora più singolare è che proprio questa ultima tranche è in progressivo aumento. Si registrano sempre di più, infatti, i delitti con movente legato al "portafoglio".

Il presidente nazionale dell’Ami, Gian Ettore Gassani, ha così sottolineato: "Troppe volte le coppie in crisi sono lasciate al loro destino in un momento, come quello della separazione o divorzio, che rappresenta per molti un lutto di difficile sopportazione ed elaborazione. Nel 30% dei casi – spiega – le separazioni sono accompagnate da reati intra-familiari, molti dei quali sfociano successivamente in gesti estremi". Secondo Gassani, gli italiani, diversamente dalla maggioranza dei cittadini stranieri, vedono nella separazione una vergogna o, peggio ancora, un affronto. Il senso di forte apprensione, estraniamento e depressione che ne deriva, induce molti a gesti sconsiderati, spesso tragici. E in questo, i problemi legati alla quotidianità, come le difficoltà economiche, non aiutano la soluzione del problema.

A questo fattore, poi, ne va aggiunto un altro. Sempre secondo Gassani, "esiste una generalizzata consapevolezza di quasi totale impunità quando i reati vengono commessi all’interno della mura domestiche molto simile a quella dei reati commessi all’interno degli stadi". Secondo il presidente dell’Ami è necessario potenziare dei percorsi di mediazione familiare attraverso l’ausilio di psicoterapeuti specializzati nella prevenzione delle violenze familiari. A conferma di questo Gassani riporta un dato ulteriore: "Nel 65% dei casi di omicidio o strage in famiglia vi erano stati già pericolosi segnali di violenza o minacce, negligentemente sottovalutate da chi di dovere".

In Italia il numero dei delitti in famiglia, dall’inizio del millennio, ha superato il numero di quelli dovuti alla criminalità organizzata. Un omicidio ogni due giorni. Due.