“Clintongate” sempre più amaro per Obama e i suoi
27 Giugno 2017
di RS
Continuiamo a seguire l’evolversi del “Russiagate”, lo scandalo sulle presunte influenze del Cremlino nelle elezioni Usa, e relativa audizione dell’ex capo della FBI americana, Comey, davanti al Congresso, avvenuta qualche settimana fa. Deposizione attesissima soprattutto dai media Usa e internazionali che non hanno lesinato inchiostro per quello che doveva essere il momento più drammatico della presidenza Trump, il passaggio necessario per realizzare il grande sogno dei democratici e dei poteri forti che remano contro l’amministrazione corrente, rovesciare Trump con l’impeachment.
Ma cosa si scopre nella testimonianza di Comey poverella e contraddittoria finché il tema sono i rapporti tra il Don e Putin? Come abbiamo scritto, invece di aprire il vaso di pandora del Russiagate si spalanca un fronte inaspettato: Comey conferma che, in piena campagna elettorale per presidenziali, ci fu un incontro tra Bill Clinton e Loretta Lynch – l’allora attorney general di Obama (il consulente giuridico del governo, per dirla in breve) – incontro durante il quale Bill avrebbe chiesto alla Lynch di ammorbidire i toni sulla inchiesta che intanto aveva coinvolto, e che avrebbe sotterrato, insieme a tanti altri errori, la candidata democratica Hillary Clinton: l’emailgate, lo scandalo, quello vero, delle email che Lady Hillary, quando era segretario di stato di Obama, inviava con informazioni riservate dal suo indirizzo di posta elettronica privato.
Ricordiamo tutti la improbabile storia del computer distrutto a martellate da Hillary o gli avvertimenti degli hacker sul fatto che migliaia di email clintoniane sarebbero finite, ‘al sicuro’, su dei cloud protetti dell’NSA, la potente agenzia per la sicurezza nazionale. La testimonianza dell’ex direttore dell’FBI, Comey, sui Clinton, la Lynch e Obama, risveglia in ogni caso quel partito repubblicano che per troppo tempo su queste questioni aveva messo la testa sotto la sabbia. Si chiede che adesso sia la Lynch a venire a raccontare al Congresso quello che sa sull’emailgate, dopo che Comey l’ha tirata in ballo.
Passa qualche giorno e le cose per Loretta e il suo ex capo, Obama, sembrano mettersi sempre peggio, in quello che ormai appare un boomerang che rischia di travolgere ciò che resta della nostalgia per Obama: secondo Fox News, ci sarebbe stato uno scambio di email anche tra la Lynch e Debbie Wasserman Schultz, l’allora capo del DNC, il comitato elettorale democratico. Schultz in campagna elettorale si dimise quando Wikileaks, il sito che pubblica notizie riservate, tirò fuori i file di quelle conversazioni tra clintoniani che mostravano come – all’epoca delle primarie – il clan Clinton brigava per fare le scarpe al rivale Bernie Sanders. Se la conversazione ci fu, cosa si dissero l’attorney general e il numero uno del comitato elettorale democratico?
Andrew Napolitano, editorialista di Fox e analista legale, definisce la conversazione “impropria” e si spinge a prevedere un esito che sarebbe davvero disastroso oltre che paradossale per uno dei pezzi da novanta della amministrazione Obama: Loretta Lynch rischia da cinque a dieci anni di carcere per le accuse che le si sono accumulate contro nelle ultime settimane. Ma al di là della Lynch, il tema ancora una volta diventa il rovesciamento politico a cui stiamo assistendo sul “Russiagate”. Non è Donald Trump, a quanto pare, ad aver “ostruito” la giustizia Usa sulla storia dei presunti canali riservati aperti tra i suoi e il Cremlino o sulla bizzarra storia degli hacker russi capaci, da soli, di alterare il voto Usa.
Se mai l’accusa di ostruire la giustizia che adesso investe la Lynch tira in ballo il presidente Obama. L’arma di distrazione di massa contro il Don, il Russiagate, si sta ritorcendo contro chi l’aveva creata. Come dire, il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi.
P.S. Ai lettori dell’Occidentale chiediamo solo un altro po’ di pazienza: per domani stiamo preparando un altro piccolo scoop su Trump, Russiagate, e la CNN – il canalone televisivo Usa che oggi ha dimesso tre dei suoi reporter per le baggianate che hanno scritto sul Don.