Cloverfield, i creatori della serie tv ‘Lost’ sul grande schermo

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Cloverfield, i creatori della serie tv ‘Lost’ sul grande schermo

26 Febbraio 2008

Non è un mistero, il
passaggio da serie e film TV di successo al grande schermo è spesso
accompagnato da risultati imbarazzanti. Ma le ultime serie provenienti dagli
States, produzioni come Lost, Desperate Housewife, 24, Alias, non si sono
solamente limitate a mutuare linguaggi e tecniche narrative care al cinema,
hanno invece finito per innovarne i contenuti.

Laddove nel cinema americano e non solo, il perbenismo e il
politically correct di matrice liberal, seppure in crisi, continuano a
rappresentare il mainstream hollywoodiano e dello star system tout court,
dopo il successo della nuova ondata di serie TV, anche sul grande schermo si
rielabora e attualizza il concetto di mistero, addirittura – udite udite – il
bisogno di religione. Tra gli autori e produttori a mettersi in luce J.J.
Abrams e Matt Reeves, i creatori di Lost, in questi giorni nelle sale italiane
con il loro Cloverfield.
%3C/p>

Una festa a sorpresa per un giovane meno che trentenne della
New York bene che sta per trasferirsi in Giappone, si trasforma improvvisamente
in un incubo. Dal nulla spunta un entità mostruosa ed oscura che semina
distruzione e panico per tutta Manhattan. I ragazzi, figli e figlie di papà,
superficialoni solo feste, divertimento e arrivismo, vanno sul tetto del
fabbricato ad osservare cosa diavolo stia succedendo. Anche il loro stabile
verrà colpito dalle parti di città che il mostro strappa dal cuore di Manhattan
per scagliarle in ogni direzione. I ragazzi vengono trascinati dalla
evacuazione organizzata dall’esercito mentre infuria lo scontro militare con il
mostro, ora manifestatosi per una via di mezzo tra Godzilla e un gigantesco
ragno carnivoro (si perché il mostro mangia esseri umani).

Il protagonista, nonostante abbia perso in maniera atroce e
davanti ai suoi occhi il fratello, con tre amici sceglie di tornare indietro
per salvare Bet, con cui ha avuto una storia ed ha appena litigato  per gelosia. I quattro passeranno per la
metropolitana venendo attaccati da ragni grandi come macchine (figliolanza del
mostro) ed anch’essi carnivori nonché portatori di infezioni mutagene nel
mentre l’esercito sta per fare tabula rasa della zona.

Questa è la trama. E detta così può apparire e prestarsi alla
più facile delle critiche: una storia banale. Ma come spesso accade a tutto
quello su cui mette mano J.J. Abrhams da un’idea semplice e poco originale si
arriva a qualcosa di straordinariamente originale per interpretazione, taglio
del racconto, creazione e scelta dei personaggi. Il film è girato tutto in
steady cam, non esiste un passaggio che non lasci lo spettatore con il fiato
sospeso. Un reality tale dove non hai il tempo di interrogarti sulla
verosimiglianza di ciò che stai osservando, ci sei dentro.

Gli attori sono tutti giovani semi o poco conosciuti nel
circuito internazionale cinematografico e non recitano, “sono”, riuscendo nel
film a comunicare questo senso di un male pervasivo, inarrestabile e
indefinibile che è poi la chiave del successo di Lost. Come per i naufraghi
dell’isola, anche qui si tratta di protagonisti solo in apparenza innocenti e
non meritevoli di una punizione inesorabile.

La scelta di giovani in questo quadro ha molto a che vedere
con la “deflorazione” della innocenza emotiva degli adolescenti di oggi cui
assistiamo in tanti episodi di cronaca. A rimanere travolti da un essere
grottesco sono i giovani uomini e le giovani donne di tutta una società. Non a
caso le sequenze del film che non possono non richiamare la tragedia dell’11
settembre.

Altre sequenze da segnalare sono lo strazio della statua
della libertà. La testa della statua della libertà che vola ai piedi dei
ragazzi segna la fine del trionfo della ragione, della logica, si apre un
momento di follia irrazionale, naturalmente personificata perfettamente
dall’orrendo che avanza e tutto travolge. Poi la scena in cui si manifestano
gli inquietanti effetti del morso dei ragni carnivori su una delle ragazze del
gruppetto che sta risalendo Manhattan. Una evidente citazione del famoso “La
Mosca” dove però la protagonista, per i suoi sguardi, la sua criticità sembra
quasi e dall’inizio del film sia lì apposta per quell’atroce destino.

Un film oltre le banalità della critica, assolutamente da
non perdere.