Col Cav. di lato, il primo test sul nuovo centrodestra sarà la legge elettorale

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Col Cav. di lato, il primo test sul nuovo centrodestra sarà la legge elettorale

09 Ottobre 2012

Dopo gli annunci, i fatti. Domani al Senato. ABC alla prova del nove sul Porcellum sì o no. Ma sarà anche il primo test per verificare se nel campo del centrodestra si guarda avanti, dopo il ‘non mi ricandido’ confermato da Berlusconi alla ‘Telefonata’ di Belpietro. Il Cav. vuole intestarsi il primato della ricomposizione del centrodestra che negli ultimi tre anni è andato in pezzi e per farlo è pronto a uscire dai giochi e a stanare tutti quelli aggrappati alla pregiudiziale berlusconiana. Aggiunge l’endorsement a Monti, ma almeno per il momento non è questa la priorità.

La priorità è ricompattare un’area politica a rischio balcanizzazione e farlo subito perché il ritardo accumulato in mesi di tira e molla, liti interne, scandali (Lazio-gate) dall’effetto-tsunami, è significativo specie se rapportato alla complessità di un progetto vagheggiato da tutti e finora irrealizzato. Ma come farlo? Con chi? Su quale programma? Con quale candidato premier e quali regole? Il Cav. spiega che la leadership la sceglieranno tutti i leader moderati: vuol dire primarie? Quelle che ad esempio chiede La Russa, quelle sulle quali la Santanchè già pronta a misurarsi, quelle che Crosetto invoca come necessarie per aprire “il campo alle idee ed alle persone che vogliono mettersi in gioco”. Troppo presto per capirlo.

Quello che, invece, si può capire è in che modo le forze moderate porteranno a compimento la riforma elettorale e, soprattutto, se lo faranno insieme. Domani al Senato, la prova del nove. Dalla Commissione Affari Costituzionale dovrà uscire un testo base che faccia sintesi delle proposte per evitare di andare al voto in Aula con 46 ddl diversi. Se il modello sul quale sembrerebbe possibile (condizionale d’obbligo visti i precedenti) un’intesa di massima resta una sorta di schema spagnolo – proporzionale con liste piccole e collegi piccoli -, su ciò potrebbero convergere Alfano e Casini passando per Maroni. Ed è proprio questo il primo test significativo per il centrodestra che verrà. Per verificare con mano se agli annunci seguono i fatti. Senza più alibi per nessuno.

Più in generale, nella nuova partita che si apre vi sono interessi politici convergenti eppure molto difficili da tradurre pragmaticamente in un’operazione che risulti vincente. Non c’è alcun dubbio che l’accelerazione delle ultime ore apre uno scenario opposto all’empasse nella quale il Pdl era piombato e tuttavia non è chiaro nulla di quello che sarà. Se sarà. Incognite e variabili sono gli ostacoli da superare, se veramente c’è la volontà di tutti – non basta certo quella di Alfano e Berlusconi – a ri-costruire un’area alternativa alla sinistra con una proposta politica credibile che vada dall’Udc alla Lega.

Berlusconi non vuole che l’unità dei moderati diventi la sua incompiuta e che tra sei mesi, gli elettori che per vent’anni lo hanno votato gli possano rinfacciare di avere consegnato il Paese nelle mani di Bersani e Vendola. Casini che nel 2008 dette il ‘benservito’ al Cav. seguito due anni dopo da Fini, può in questa fase giocare il ruolo di ‘regista’ dell’operazione politica e in un certo senso assumersene il merito finale. Del resto, come osservano in molti nelle file del centrodestra, quel ruolo Alfano glielo ha assegnato lunedì ricordandogli che con Berlusconi in ritirata, ha “il diritto, il dovere e la possibilità di unire il centrodestra”.

C’è poi la galassia dei liberali dispersi in gruppi e movimenti e l’idea di ‘investire’ in un progetto politico per il Paese da tempo coltivata da Montezemolo, ma lo stesso si potrebbe dire per il movimento ‘Frenare il declino’ di Oscar Giannino come di altre personalità (più defilate) del mondo dell’imprenditoria e dell’economia. Tremonti? Potrebbe essere, al di là delle schermaglie del momento. Italia Futura, la ‘creatura’ montezemoliana esce allo scoperto per dire che “il passo indietro di Berlusconi rappresenta un fatto importante e un gesto di responsabilità”. Resta una sostanziale diffidenza ma è comunque un segnale da cogliere.

Diffidente resta pure Casini che vuole vederci chiaro per non finire in quello che teme possa essere ‘l’abbraccio mortale’ del Cav. Dal Pdl vuole una ‘severa autocritica’ mentre Fini va oltre sostenendo che le divisioni di questi anni “non si rimuovono magicamente con i passi indietro, pur necessari, o con la chiamata alle armi contro la sinistra, ma solo con un faticoso ed intellettualmente onesto confronto politico sulle proposte e sui programmi. Questo spiega perchè è molto difficile riuscirci”. Più che scetticismo, pare tatticismo. Anche perché i sondaggi sulla lista civica nazionale per l’Italia annunciata da Casini e Fini ancora non ci sono e se si sta a quelli che esistono, Udc e Fli insieme valgono il 9 per cento dei voti. Con un Pdl in calo nelle ultime settimane per l’effetto Lazio-gate, al 17-18  per cento e la Lega al 6 per cento. Nessuno, dunque ha di che esultare. Al di là del Monti-bis (e pure su questa prospettiva vi sono distanze nello stesso Pdl e tra le forze del centrodestra, vedi Lega) che non può adesso rappresentare la priorità sulla quale avvitare il dibattito politico.

L’unica cosa da fare, se davvero si vuole ricostruire un campo diviso in tanti orticelli, è mettere da parte le zappe e fertilizzare con l’unico seme in grado di produrre germogli e poi frutti: un programma per il Paese.