Col ritiro da Bassora gli inglesi danno una lezione all’Italia
04 Settembre 2007
di Daniela Coli
Presi dalle discussioni sul Pd, i
mutui, i lavavetri fiorentini, le dimissioni da intellettuale di sinistra di
Asor Rosa, i gialli dell’estate, stiamo quasi ignorando il ritiro delle truppe
britanniche da Bassora. Al massimo qualche commento malizioso sui maggiori
quotidiani, qualche battuta sul cagnolino Blair, giaculatorie antiamericane o
qualche ipocrita “Cara America, non ti odiamo più”. Gli inglesi invece stanno
discutendo seriamente il ritiro da Bassora e le cause del fallimento della
guerra in Iraq. Stanno facendo quello che non noi abbiamo fatto quando ci siamo
ritirati dall’Iraq, pressati dalle critiche della sinistra e dalle incombenti
elezioni politiche. William Rees-Mogg, uno dei più importanti collaboratori del
Times, concorda col generale britannico Mike Jackson che la
responsabilità del fallimento della vittoria in Iraq dopo l’arrivo a Baghdad
consiste nell’assenza di un piano per il dopoguerra.
La responsabilità è di
Donald Rumsfeld per questo aspetto, ma Rees-Moggs non si tira indietro e
dichiara che la debolezza della politica della difesa britannica va messa sulla
bilancia. Lamenta in primo luogo che i soldati inglesi sono poco pagati e non
rischiano la vita per una paga misera. Denuncia la mancanza di mezzi: i soldati
britannici non hanno abbastanza elicotteri sia in Iraq sia in Afghanistan,
soprattutto sottolinea che la RAF ha la
capacità, ma non la forza, perché dipende per le forze aeree dal supporto
americano. Rileva anche che gli Stati Uniti, diversamente dal Regno Unito – e
potremmo aggiungere anche dall’Italia –
hanno apparentemente una strategia: tenere truppe in Iraq per nove-dieci
anni.
E’ abbastanza chiaro che prendersela con gli Stati Uniti, perché hanno
costruito una superambasciata a Baghdad quando gli iracheni ricevono acqua ed
elettricità per due ore al giorno, è una magra consolazione, perché il problema
britannico da fronteggiare sono ora le deficienze militari e politiche con le
quali l’Inghilterra ha affrontato la guerra. Occorre fare tesoro della serietà
britannica, perché lo zio Sam non potrà sempre pensare alla nostra difesa,
mentre noi discettiamo dei massimi sistemi nel nostro bel museo Europa.