Col suo nuovo libro Benedetto XVI ci parla da Papa, da teologo e da uomo
28 Novembre 2010
Il libro di Benedetto XVI appena uscito viene passato ai raggi x dal punto di vista del contenuto. Complici le anticipazioni sui giornali, i commentatori si sono avventati su questo o quel passo. Ha fatto specie la concentrazione ossessiva sulla frase che parlava dei preservativi. Il libro è di quasi 300 pagine, ma sembra che solo alcuni passaggi meritino le prime pagine. Non che il contenuto non abbia la sua importanza, naturalmente. Ma ci sarà tempo di tornarvi sopra con calma.
E’ vero che ormai i libri non durano che qualche settimana, ma è lecito sperare che così non accada per “Luce del Mondo”. Preferisco, quindi, soffermarmi su alcuni aspetti di metodo, anziché di merito. A cominciare dal tenore di questo testo. Di che testo di tratta? Non è un pronunciamento ex cathedra, non è un’enciclica, un Motu Proprio, un Messaggio, una Esortazione, una Lettera, un’omelia … Cos’è, quindi?
La domanda non è oziosa. Il credente accosta le parole del Papa con obbedienza e ossequio. Il non credente spesso con deferenza. Anche quando il Papa – seduto sul divano del suo studio – risponde a delle domande di un giornalista? Anche quando il Papa informa dei suoi gusti cinematografici o rivela che gli manca molto passeggiare per Roma? Anche quanto il Papa esprime stati d’animo personali o ricorda impressioni vissute in passato? In un libro come questo si sovrappongono linguaggi diversi, codici espressivi vari e quanto il Papa dice non assume la stessa importanza. Appunto: di quale importanza si tratta? E’ solo un libro? E’ un insegnamento magisteriale? Si corre il rischio di desacralizzare gli interventi del Papa?
“Luce del Mondo” è un libro contestabile? Ci sono solo le opinioni di Joseph Ratzinger o anche gli insegnamenti del Santo Padre? Sulla copertina figura il nome dell’autore: Benedetto XVI. Invece nel libro Gesù di Nazaret appariva il doppio nome: Joseph Ratzinger-Benedetto XVI. E in quella stessa introduzione il Papa aveva espressamente detto che il libro non aveva la pretesa di un insegnamento magisteriale, tanto è vero che aveva anche chiesto di venire eventualmente contestato e contraddetto. Quel libro si collocava quindi nella categoria del saggio scientifico. E questa conversazione con Seewald?
Credo che questo libro corra dei rischi. Ma credo anche che il Papa abbia fatto bene a correrli. E’ il Sommo Pontefice che si fa d’un tratto piccolo come noi; si siede come noi davanti ad un normale interlocutore; si fa fare delle domande su tutte le questioni d’attualità proprio come facciamo noi quando conversiamo con i nostri amici o i nostri figli a pranzo; dà delle risposte senza ritrosia, senza selezionarle prima, senza pilotarle, senza vedere e rivedere i testi. E’ un Papa senza Segreteria di Stato. E’ la grandezza del coraggio di farsi piccoli.
In un suo libro di tanti anni fa – il famosissimo Introduzione al Cristianesimo -, Joseph Ratzinger parlava così anche di Dio, dell’ «autorestrizione di Dio ad un unico punto della storia». Dio, egli scriveva, si è talmente avvicinato a noi da permetterci perfino di ucciderlo. Il fatto che Egli si sia avvicinato a noi potrebbe rendere maggiormente difficile la fede che non pensarlo ad una distanza infinita. Si tratta, in fondo, del mistero dell’incarnazione. Ed anche il Papa si deve in qualche modo incarnare. Farsi piccolo. Porre le nostre stesse domande e rispondervi. Entrare nel nostro vissuto e mostrarci le incongruenze del cristiano di oggi, così stranamente incapace di incidere sulla storia nonostante sia anagraficamente in gran numero, così pavidamente restio a credere che ci sia bisogno di una continuità tra fede e vita pubblica, così tiepido da frequentare per anni il catechismo e poi non sapere nemmeno in cosa il suo Cristo si differenzi da Allah.
Nel libro “Luce del Mondo” il Papa si siede sul nostro divano ma non scende dalla cattedra. Il suo libro lo leggeremo a letto, sotto la luce della lampada del comodino ma il Papa non per questo si sarà tolto la tiara e la stola del comando. In fondo, accettando di rispondere alle domande di Seewald, ha anche espresso fiducia in noi, ritenendoci in grado di non appiattirlo su un comune Corrado Augias e di saper distinguere quando parla dei suoi gusti musicali, quando mette il dito nelle piaghe dell’umanità di oggi e quando insegna la fede. Nel libro, infatti, ci sono tutti e tre questi registri.