Collegato Lavoro, verso un arbitrato di equità

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Collegato Lavoro, verso un arbitrato di equità

15 Aprile 2010

Il Collegato lavoro, rinviato al Parlamento dal Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, riapproderà in aula di Montecitorio dal 26 aprile. Esclusa la possibilità di un rimpasto generale del provvedimento, come voleva l’Opposizione: in Aula, infatti, arriverà un testo modificato solamente nei cinque punti (cinque articoli) oggetti di osservazione da parte del Presidente Napolitano (gli emendamenti si potranno presentare entro lunedì prossimo). A stabilirlo, ieri, la Commissione lavoro della Camera che ha approvato la proposta del relatore, Giuliano Cazzola (Pdl), con i voti della sola maggioranza (Pd e Idv hanno espresso voto contrario mentre l’Udc si è astenuta). Sempre ieri, inoltre, la Fiom ha chiesto ad Epifani (Cgil) uno sciopero contro il disegno di legge, specialmente per la parte relativa al nuovo arbitrato sui licenziamenti (guai a toccare l’articolo 18!). Lo ha fatto, in particolare, il leader dei metalmeccanici, Gianni Rinaldini, aprendo il suo ultimo congresso da segretario della Fiom.

A riaprire il cantiere sul Collegato lavoro è stato, come accennato, il Presidente della Repubblica che, con una dettagliata lettera del 31 marzo, ha esercitato la facoltà riconosciutagli dall’articolo 74 della Costituzione ossia quella di poter chiedere, con un messaggio motivato alle Camere prima di promulgare una legge, una nuova deliberazione. E’ la prima volta che l’attuale Capo dello Stato ha assunto una decisione del genere. «Terremo conto dei rilievi del Presidente», è stato il commento a caldo e partecipativo del ministro del lavoro, Maurizio Sacconi (l’articolo 74 stabilisce pure che, se nuovamente approvata dalle Camere, la legge va comunque promulgata).

Nel messaggio, il Capo dello Stato evidenzia criticità per due articoli: 31 (arbitrato) e 20 (navigli di Stato). Sul primo ritiene necessaria una più puntuale definizione della disciplina del nuovo arbitrato; per il secondo chiede l’esclusione della responsabilità penale dei soggetti di alcune categorie dei navigli di Stato. A questi principali rilievi aggiunge la richiesta di correzioni alle clausole generali e di certificazione del contratto di lavoro (articolo 30), alle decadenze e alle norme in materia di contratto di lavoro a termine (articolo 32) e alle norme in materia di co.co.co. che interessano alcuni casi di risarcimenti come le Poste e i call center (articolo 50).

I primi rilievi riguardano l’articolo 31 che modifica, tra l’altro, le procedure di arbitrato e di conciliazione nelle controversie individuali di lavoro. Per il Presidente Napolitano «può risultare certamente apprezzabile e merita di essere valutata con spirito aperto» l’introduzione delle nuove norme finalizzate a prevenire l’insorgere di controversie e ad accelerarne la definizione; tuttavia, ritiene altresì necessario assicurare «un’adeguata tutela del contraente debole», ossia del lavoratore. Da qui le perplessità: la prima sul fatto che la decisione di devolvere ad arbitri la definizione di eventuali controversie possa essere assunta non solo in costanza di rapporto (cioè quando insorge la controversia), ma anche all’atto dell’assunzione (mediante la criticata clausola compromissoria); la seconda sulla verifica della “effettiva” volontà delle parti (del datore di lavoro ma, soprattutto, del lavoratore) che, per il Capo dello Stato, non sembra sufficientemente garantita dall’affidamento del compito alle Commissioni di certificazione; la terza è in merito alla previsione della possibilità che la controversia vada risolta “secondo equità”, poiché il richiamo al rispetto “dei principi generali dell’ordinamento” non appare idoneo a ricomprendere tutte le ipotesi di diritti indisponibili dei lavoratori; la quarta, infine, sull’estensione del ricorso all’arbitrato anche al pubblico impiego, cosa che per il Presidente può dar vita a lesioni ai principi di buon andamento, trasparenza e imparzialità dell’azione amministrativa.

Quali le soluzioni? Per Napolitano un arbitrato di equità «può svolgere un ruolo apprezzabile e utile solo a patto di muoversi all’interno di uno spazio significativo ma circoscritto in limiti certi e condivisi». Dunque chiede adeguamenti normativi «che vanno al di là della questione, pur rilevante, delle garanzie apprestante nei confronti del licenziamento dall’art. 18 dello statuto dei lavoratori». Chiede, cioè, di definire in maniera puntuale modalità, tempi e limiti che rendano il ricorso all’arbitrato coerente con la necessità di garantire l’effettiva volontarietà della clausola compromissoria e un’adeguata tutela dei diritti più rilevanti del lavoratore. Invece, il Capo dello Stato formula parere contrario (incoerente coi principi generali dell’ordinamento) sulla norma che consente al ministro del lavoro di intervenire in via suppletiva alla contrattazione collettiva nel dare operatività della clausola compromissoria (una previsione effettivamente troppo “forzata”).

Relativamente all’articolo 20 (ha finalità di evitare che alle morti o alle lesioni subite dal personale imbarcato su navigli militari e cagionate dal contatto con l’amianto possano continuare ad applicarsi sanzioni penali), il Capo dello Stato ritiene che la norma «non interpreta ma apporta una evidente modificazione integrativa», così presentando profili problematici di costituzionalità.

La Commissione lavoro ieri ha stabilito di modificare il testo del Collegato soltanto nei cinque punti (articoli) criticati dal Capo dello Stato. La partita, ovviamente, è giocata soprattutto in merito alle norme dell’articolo 31. In linea di massima, la via seguita dalla Maggioranza è quella indicata dal ministro del lavoro, Maurizio Sacconi, rispondendo lo stesso giorno dell’invio del messaggio di Napolitano alle Camere a un’interrogazione di Giuliano Cazzola durante il question time. Vale a dire modificare il Collegato per dare più precisa definizione dell’arbitrato d’equità; per circoscrivere i limiti entro cui ammettere la facoltà per il lavoratore di concordare il rinvio agli arbitri di futuri contenziosi all’atto dell’assunzione; per eliminare l’intervento sostitutivo del ministro del lavoro in caso di mancato accordo tra le parti sociali nel dare attuazione al nuovo istituto. L’Opposizione, invece, avrebbe voluto rimettere mano su tutto il provvedimento perché, secondo il capogruppo del Pd in Commissione, Cesare Damiano, il Capo dello Stato avrebbe “fatto riferimento all’eterogeneità del testo nel suo complesso”.

Nel merito i tecnici del Welfare stanno concentrando i lavori sui punti indicati dal ministro Sacconi. Primo, l’arbitrato di equità le cui modifiche dovrebbero confermare che l’istituto si realizza nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento, che per il Governo già includono i principi regolatori della materia del lavoro come richiesto dal messaggio del Capo dello Stato e come tali potrebbero essere esplicitati. Secondo punto, il Governo potrebbe ribadire il compito della contrattazione collettiva di fare entrare in vigore l’arbitrato, coniugando le ragioni dei lavoratori e delle imprese in modo tale che la scelta risulti sempre libera e consapevole; a tal fine, potrebbero essere recepiti in legge i contenuti della Avviso Comune dell’11 marzo 2010 con cui tutte le parti sociali, tranne la solita Cgil, hanno già delimitato la clausola compromissoria all’atto dell’assunzione del lavoratore escludendola nelle ipotesi di licenziamento. Terzo punto, infine, potrebbe essere individuata nella contrattazione collettiva la sede esclusiva di regolamentazione delle clausole compromissione, per lasciare al ministro del lavoro il solo compito di convocare le parti.