Colpo di scena alla Vigilanza e Veltroni non sa più cosa inventarsi
20 Novembre 2008
Riccardo Villari non si è dimesso. Ennesimo colpo di scena in quella che ormai può essere considerata una telenovela. A Palazzo San Macuto va così in scena una nuova puntata nella quale invece di assistere alle dimissioni del senatore democratico, eletto la scorsa settimana con i voti del Pdl e di due franchi tiratori dell’opposizione, va in onda l’elezione dell’ufficio di presidenza. Una scelta che naturalmente manda in alto mare l’accordo che proprio qualche giorno fa Pd e Pdl avevano trovato sul nome di Sergio Zavoli e che soprattutto contraddice lo stesso Villari che subito dopo essere stato eletto aveva assicurato le sue dimissioni se vi fosse stato un accordo tra maggioranza ed opposizione.
L’accordo è stato raggiunto sul nome di Zavoli. Ma per ora delle dimissioni non c’è traccia, perché come spiega lo stesso Villari in una nota distribuita a fine seduta: “Ho deciso di mantenere il ruolo di presidente della Commissione di Vigilanza che mi e’ stato affidato col voto di parlamentari che hanno svolto legittimamente la loro funzione. Rispettosamente ho chiesto a tutti i colleghi della Commissione di compiere un atto di coraggio e di permettere a questo organo di garanzia di svolgere il suo delicato e impegnativo lavoro”. Insomma Villari tira dritto e non lesina critiche puntando il dito contro “una lunga sequenza di pressioni, minacce e offese inaccettabili per chiunque e pericolose per un parlamentare che esercita il mandato affidato dal popolo”.
Le critiche di Villari sono state rivolte anche al suo partito colpevole di aver commesso “un errore di valutazione della situazione politica” che “ha ridotto nel pantano politico l’elezione del presidente della commissione di Vigilanza, bloccandone l’attività per sei mesi e vanificando ben 46 votazioni. Un danno grave per gli italiani, privati dell’organo di garanzia sul servizio pubblico, danneggiati per l’assenza di un CdA della tv pubblica (pagata dai cittadini) che fosse nel pieno dei propri poteri, colpiti nelle garanzie di pluralismo”. Un durissimo j’accuse del presidente il quale continua: “Lo stallo durate settimane e settimane ha spinto la maggioranza a dichiarare pubblicamente che avrebbe cambiato strategia, partecipando al voto per fare abbassare il quorum e rendere possibile l’elezione di un membro dell’opposizione. Questa pubblica dichiarazione e’ stata sottovalutata e non contrastata con alcun efficace disegno politico, facendo sì che io fossi eletto presidente della commissione di Vigilanza”.
Adesso la prospettiva dell’espulsione dal Pd del senatore napoletano diventa sempre più concreta. E la situazione dopo aver assunto aspetti incredibili rischia di diventare comici con Villari che ribadisce di sentirsi “un esponente e un uomo del Partito democratico, e sottolineo democratico, per questo so che il valore delle istituzioni precede il peso delle segreterie” e Veltroni che, incredibilmente, scarica la patata bollente sul governo: "Noi abbiamo raggiunto un’intesa con palazzo Chigi su un nome di assoluto livello. A questo punto il problema non è più mio, ma tutto in casa della destra. Spetta a chi ha questa responsabilità di applicare questa intesa". Questa situazione "ha preso un carattere farsesco", ha glissato Veltroni
Intanto una reazione più diretta è venuta da Giovanna Melandri la quale in Commissione ha ribadito che fino a quando non vi saranno le dimissioni di Villari non parteciperà a riunioni della Vigilanza. Un annuncio-minaccia che rischia di bloccare il rinnovo del vertice di viale Mazzini visto che i presidente del CdA deve essere votato dai due terzi della Commissione. Aventino al quale sta pensando anche l’Udc mentre Italia dei Valori con il capogruppo al Senato, Felice Belisario, attacca: “La commissione di Vigilanza Rai è purtroppo delegittimata non solo per il veto posto da Berlusconi nei confronti dell’Idv, ma anche per il comportamento inqualificabile del senatore Villari”. Però è nel Pd che la tensione resta altissima non solo per la questione dell’espulsione di Villari ma anche per come è stata gestita l’intera vicenda. Una gestione che più di qualche esponente democratico giudica imprudente e con scarso senso istituzionale.
In pratica una serie di errori su errori dall’insistere oltremodo sulla candidatura di Orlando, all’incapacità di creare un percorso condiviso con lo stesso Villari per portarlo alle dimissioni di Villari favorendo così il subentro di Zavoli, che alla fine avrebbero portato all’attuale situazione. Intanto sulla sponda Pdl ufficialmente i toni sono completamente differenti con il capogruppo del Pdl in Commissione, Alessio Butti, che ha parole di elogio: “Villari resta un presidente democraticamente eletto, che ha resistito con coraggio a pressioni. Ha dimostrato un grande senso di responsabilità istituzionale e una grande dignità”. Mentre il portavoce di Forza Italia, Roberto Capezzone, punta il dito contro Veltroni: “Dopo le scelte del presidente eletto Villari, non resta che constatare l’ennesimo fallimento della gestione Veltroni. Dal segretario Pd è venuta grande prepotenza".
In realtà a più alti livelli serpeggia una certa irritazione legata proprio al naufragio, per ora, dell’accordo su Zavoli sui cui lo stesso Berlusconi si era speso pubblicamente e che avrebbe consentito di giungere velocemente all’elezione dei nuovi vertici Rai con Pietro Calabrese e Stefano Parisi futuri presidente e direttore generale. Il rischio concreto è che adesso tutto si blocchi mettendo in crisi non solo la Vigilanza ma anche la stessa Rai che da maggio scorso è senza una guida e che ha bisogno di un nuovo board. Ma come hanno insegnato questi sei mesi di passione a San Macuto, tutto è possibile anche se stavolta sembra difficile trovare una via d’uscita che accontenti tutti.