Com’è andata la maratona oratoria sul premierato 

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Com’è andata la maratona oratoria sul premierato 

Com’è andata la maratona oratoria sul premierato 

27 Febbraio 2024

Alla maratona oratoria “Premierato: non facciamolo strano”, promossa a Roma da fondazione Magna Carta e dalle associazioni Libertà Eguale e IoCambio, tutti concordano sul fatto che le riforme si fanno insieme. Ma l’impressione è che ci si prende ancora le misure e che una eventuale modifica bipartisan della Costituzione se arriverà potrebbe giungere dopo le elezioni europee di giugno “quando avremo davanti un anno senza appuntamenti elettorali”, sintetizza il costituzionalista Stefano Ceccanti.
L’ex presidente del Senato Marcello Pera, oggi senatore di Fdi, spiega: “Schlein ha interesse che il premierato venga approvato prima delle Europoee, così ci può accusare di atteggiamento autoritario, se non fascista. Dall’altro lato c’è un interesse della destra e di Meloni a coltivare l’elezione diretta del capo dell’esecutivo… quindi andremo avanti così”. Pera suggerisce di provare a mettere da parte “il feticcio dell’elezione diretta e a discutere di come il resto che sta all’ombra possa funzionare. Il governo ha mostrato segni di apertura, di essere in grado di accogliere vari suggerimenti perché c’è stato un cambiamento notevole tra il primo testo e i successivi. Abbiamo bisogno di rifare quasi tutta la seconda parte della Costituzione ma nei prossimi mesi non ci sarà il clima, andremo avanti con un clima muscolare, andremo in aula al Senato con un testo fortemente avversato. Poi speriamo che le elezioni sarde e le Europee possano portare più consiglio e si possa ragionare oltre l’aspetto tecnico”.
Per quattro ore, giuristi, costituzionalisti e politici si alternano sul palco della Sala Umberto, partendo dalla proposta all’ordine del giorno: quella fatta dall’attuale presidente della Consulta Augusto Barbera ai tempi della commissione bicamerale D’Alema del 1997 e cioè indicazione del nome del premier sulla scheda al primo turno ed elezione diretta all’eventuale ballottaggio tra i primi due.
Per la ministra delle Riforme Elisabetta Casellati, però, “Nella mia proposta c’è un unico punto irrinunciabile, l’elezione diretta. E oggi mi si chiede di rinunciare proprio a quello. Che differenza c’è tra scrivere il nome sulla scheda dicendo che il capo dello Stato è obbligato a incaricare premier chi vince e l’elezione diretta? Non c’è differenza”, dice durante il suo intervento rivendicando di aver sempre “voluto evitare il muro contro muro” e per questo di essersi “presentata con un progetto aperto. Rispetto alle richieste dell’opposizione ho ceduto su tutto, se ora devo cedere anche sull’elezione diretta significherebbe fare una riforma a colpi di minoranza, non di maggioranza. Io ho colto tutte le obiezioni, la loro risposta è stata 2800 emendamenti, cioè è stata zero”.
Ad ogni modo l’idea condivisa dai partecipanti resta quella di non procedere a colpi di maggioranza, perché “la storia ci dimostra che” riforme siffatte, spiega Piero Fassino (Pd) “non hanno mai funzionato”.
“Noi andremo avanti, cercando di portare nel dibattito quella esigenza di unità che, quando si parla di regole, è un dovere civile”, sottolinea Gaetano Quagliariello, già ministro delle riforme durante il governo Letta e presidente di Fondazione Magna Carta. L’esperienza comune “sulle riforme ci insegna che quando si cambiano le regole, cambiano anche i comportamenti degli elettori. Ogni volta che qualcuno ha pensato di introdurre una legge di riforma costituzionale per avvantaggiarsi, poi e’ stato regolarmente punito dagli elettori. Questa esperienza dovrebbe portare il Governo a dire cosa intende fare sulla legge elettorale. Nel nostro Paese alla legge elettorale talvolta si è dato anche troppo peso, ma in questo caso è un aspetto essenziale della riforma. Vorrei ricordare che all’epoca della riforma Renzi molti si sono orientati dopo aver conosciuto qual era la proposta sulla legge elettorale – prosegue Quagliarello -. Oggi questo è un punto interrogativo: non si può discutere di un argomento senza conoscerne uno degli aspetti essenziali. Rivolgiamo quindi un appello al ministro Casellati e al governo affinché facciano chiarezza sulla legge elettorale”.
Secondo il Senatore Ivan Scalfarotto di Italia Viva, Il Centro, Renew Europe: “Le riforme andrebbero fatte insieme ma certamente non siamo sulla buona strada. Dopo gli incontri iniziali di Casellati con i partiti, la maggioranza non ha più cercato alcun confronto. La sinistra, quella del ‘campo largo’, si attesta sull’abituale slogan per cui ‘meglio nessuna legge che questa legge’.0E invece la riforma è assolutamente necessaria, improcrastinabile. Il parlamento è umiliato giornalmente, ormai ci limitiamo ad approvare leggi piccole piccole, dalla mototerapia al premio per la cucina, perché le leggi vere non vengono più discusse e quando raramente capita lo fa una Camera sola, in genere per convertire un decreto del governo. Dobbiamo arrenderci all’evidenza che il sistema costituzionale che i nostri padri e madri costituenti avevano pensato non c’è più. Stiamo qui a difendere un simulacro di forma di Stato che non esiste più. Italia Viva è aperta alla discussione, ma restiamo dell’idea che la migliore soluzione sarebbe quella del sindaco d’Italia: il sistema elettorale dei sindaci. È la figura istituzionale che ha dato i migliori risultati per stabilità e riconoscibilità da parte dei cittadini, è lo schema che ha funzionato meglio”.
Mentre per Diego Parrini, Pd, “Finché c’è in campo l’elezione diretta del Premier, un dialogo è impossibile. Se si rinuncia invece a questo feticcio, e si parte dagli obiettivi, quelli della stabilità, ci si può incontrare”. Maria Stella Gelmini, senatrice di Azione, aggiunge  che “l’elezione diretta del premier non ha un potere taumaturgico come crede chi ha presentato la riforma” e rilancia il modello tedesco.