Come fa il contadino a non sapere quant’è buono il cacio con le pere?
04 Gennaio 2009
L’alimentazione, nel corso dei secoli, ha rappresentato un potente segnale di differenza tra le varie classi sociali. Ad esempio, era sconsigliabile portare alla mensa di aristocratici e benestanti gli stessi cibi che guarnivano le tavole delle classi contadine. Solo a un certo punto della storia, alimenti come il formaggio vengono per così dire “sdoganati” per passare a palati più raffinati. Accade a un certo punto anche un mutamento del “sentire” gastronomico che segna cioè il passaggio del “gusto” inteso come capacità naturale (una sorta di attitudine della classi sociali a rapportarsi a certi ingredienti) ad attitudine culturale. Uno snodo fondamentale, questo, perché abbatte pregiudizi e segna semplicemente l’avvio del buongusto. Massimo Montanari, docente di Storia medievale e Storia dell’alimentazione all’Università di Bologna, ci spiega tutto questo partendo da un detto popolare: “Al contadino non far sapere quant’è buono il formaggio con le pere”. L’avvio di questa avventura intellettuale parte da una domanda: come può un proverbio, che nasce solitamente dalle viscere della popolanità, “escludere” il contadino dal sapere?
Montanari si muove tra ricettari e vecchi trattati, tomi di medicina antica e documenti polverosi con grazia e leggerezza, così come merita un’indagine di questo tipo che tuttavia mai perde il piglio dell’attendibilità e dell’autorevolezza, raccontando attraverso pere e formaggi la storia i una differenza di classe.
Il formaggio, intanto. E’ nel Medioevo che il giudizio sulla “carne dei contadini” tende a modificarsi per essere ammessa in società (lo promuove la cultura monastica, la moda dei cibi semplici, la migliore qualità), scrive Massimo Montanari, che passa poi a parlare allo stesso modo delle pere nella storia premettendo che Medioevo e Ancien regime sono ”totalmente impregnati di una ideologia della differenza che attraversa ogni aspetto della vita, a cominciare dal regime alimentare e delle scelte dietetiche”.
Il matrimonio tra formaggio e pere subisce inaspettati refoli di contrarietà: basti pensare alle prese di posizione della Scuola medica salernitana sulla ”nequizia” del formaggio o alla fama delle pere proprio presso i contadini, che le gettano ai porci, perché abituati a ”mangiar cibi grossi e frutti selvatichi”. Ma un vecchio detto francese del Duecento così sosteneva: “Dio non ha mai fatto un tal matrimonio / come quello tra pera e formaggio; fino ad arrivare ai giorni nostri: basta fare un giro su Google per scoprire come anche la rete ami molto “il formaggio con le pere”. E forse la migliore conclusione di questa storia è la versione completa del motto, di origine Toscana, da cui è partito Montanari: “Al contadino non far sapere / quanto e’ buono il formaggio con le pere./ Ma il contadino, che non era coglione / lo sapeva prima del padrone”.
Massimo Montanari, Il formaggio con le pere. La storia in un proverbio, Laterza, pp. 160, 15 euro