Come la crisi finanziaria sta preoccupando il Vaticano
07 Novembre 2008
Il Vaticano è preoccupato che la crisi finanziaria in atto pesi soprattutto sui più poveri, limitando o bloccando i finanziamenti allo sviluppo. Dal 29 novembre al 2 dicembre si terrà a Doha (Quatar) la Conferenza dell’ONU sui finanziamenti allo sviluppo. La precedente si era tenuta a Monterrey (Messico) nel 2002. Doha era prevista da tempo, ma ora viene fortemente condizionata dalla crisi finanziaria in corso. Su di essa peserà molto anche la riunione del G20, prevista appena quindici giorni prima e si teme che le decisioni prese dai “grandi” in quella occasione finisca per diminuire la voce dei 197 paesi che si riuniranno a Doha. Per questo il 23 ottobre scorso il Cardinale Martino ha convocato al Pontificio Consiglio Giustizia e Pace 10 esperti mondiali di economia dello sviluppo per analizzare la situazione. Si è in attesa di una Dichiarazione finale dopo questo incontro che rappresenterebbe un contributo del Vaticano alla Conferenza di Doha, con suggerimenti di modifiche al Draft Document, il Documento preparatorio
Come si ricorderà, per conto di papa Benedetto XVI, il 7 novembre 2006 il Cardinale Martino comprò alcune obbligazioni (subito chiamate Papa bonds) all’interno di un piano del governo inglese per finanziare le vaccinazione, l’International Financial Facility for immunization. Lo schema è il seguente: si emettono titolo pubblici internazionali che vengono collocati sui mercati e che raccolgono risorse private per il finanziamento di programmi di sviluppo. Gli oneri degli interessi e la futura restituzione dei fondi sono fatti propri dai paesi che emettono i titoli. Tale impegno è reso effettivamente credibile dal fatto che un eventuale venir meno esporrebbe i paesi ad una perdita di reputazione nei mercati finanziari internazionali. La linea del Vaticano è sempre stata di appoggiare queste iniziative ma nel contempo di invitare i paesi sviluppati a non dare con una mano e togliere con l’altra mediante la limitazione dell’accesso dei prodotti dei paesi poveri ai mercati dei paesi ricchi. Proprio questo schema oggi rischia di venire compromesso dalla crisi finanziaria, sia perché la crisi della borsa porta con sé anche i bonds per lo sviluppo, sia perché si corre il pericolo di un nuovo protezionismo.
Sicuramente la Santa Sede chiederà alla Conferenza di Doha di correggere le tendenze attuali per cui spesso i ricchi del sud finanziano i ricchi del nord: capitali privati fuggono al nord, governi di molti paesi poveri mettono “al sicuro” le loro risorse nei paesi ricchi. Su questo punto però si nota un significativo cambiamento in atto nelle valutazioni della Santa Sede: si fanno notare anche le responsabilità delle élites corrotte dei paesi poveri. I centri finanziari offshore, dotati di scarsa trasparenza e negativi in quanto sollevano le ricchezze finanziarie dagli oneri fiscali aumentando il peso sulle imprese e il lavoro, sono ampiamente utilizzati anche da privati e governi dei paesi in via di sviluppo.
Una delle principali preoccupazioni della Santa Sede in questa fase di crisi finanziaria è la situazione dell’Africa. Sono da registrare aumenti di investimenti diretti rivolti ad alcuni paesi, ma in generale la situazione resta drammatica. Anche a questo proposito si registra tuttavia un cambiamento di accento. Sempre di più le discussioni si spostano sulle responsabilità anche degli africani e su soluzioni che li abbiano come protagonisti. Su due punti sembra che la Santa Sede stia insistendo. Il primo è che i paesi africani vano aiutati a collaborare tra loro. In diplomatichese si chiama “collaborazione internazionale sud-sud”. Il secondo è quanto la professoressa Simona Beretta della Cattolica di Milano chiama “la soluzione sussidiaria, che sostenga e valorizzi le forme di risposta ai bisogni che nascono “dal di dentro” della società africana. Se non altro, l’esperienza di cooperazione internazionale allo sviluppo è ormai sufficientemente ampia da permetterci di concludere che politiche e risorse “calate dall’alto” possono produrre effetti benefici immediati, ma da sole non forniscono risposte adeguate a come uscire, in modo sostenibile, dalla povertà”. Questo comporta una valorizzazione, oltre agli aiuti di Stato, anche di quelli della società civile internazionale. E’ questo della “soggettività della società civile” un tema molto caro alla Dottrina sociale della Chiesa e che certamente sarà al centro dei contributi della Santa Sede alla Conferenza di Doha. Oltre agli Stati ci sono le imprese e le fondazioni, le associazioni dell’adozione a distanza e le chiese.