“Comprendere” Luigi Preiti significa giudicarlo
28 Aprile 2013
di Ronin
Chissà se Luigi Preiti è davvero un prodotto dell’antipolitica e dell’anticasta a cui ci hanno abituato negli ultimi anni tanti politici e giornalisti. Il ministro dell’interno, Angelino Alfano, lo ha definito "un tragico gesto criminale di un disoccupato". Secondo il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, il primo a intervenire a caldo dopo l’agguato, "Sembra l’opera di uno squilibrato che molto probabilmente ha agito in modo isolato" e poi "Ma se per mesi si inveisce contro il Palazzo, prima o poi un pazzo esce fuori… Bsta con questa violenza verbale che può mettere pistole in mano ai folli". Infine la Presidente della Camera, Laura Boldrini,“La vicenda di quest’uomo racconta una storia di disperazione,” che ha definito “grave” il ferimento dei Carabinieri ed è andata subito a trovare uno dei Carabinieri colpiti. “C’è un emergenza sociale che aspetta risposte e la politica deve tornare a darne”. E ancora, “Bisogna sempre condannare la violenza ma vanno capite e comprese le ragioni che stanno alla base di questi gesti e la storia di quest’uomo parla di disperazione, e bisogna anche capire perché si è arrivati a questa disperazione”. Certamente si può cercare di comprendere quel grumo di disperazione sociale, disagio e violenza, generato da un uomo caduto in depressione, senza lavoro, senza famiglia, indebitato, con la paghetta della madre per il biglietto del treno che lo porta a Roma. Ma comprendere non significa giustificare. Troppo spesso abbiamo ascoltato lezioni da quel sociologismo che dai "poveri neri del Bronx" ai "poveri palestinesi di Hamas" tende a giustificare il male come se dipendesse unicamente da fattori esterni. Giudicare il gesto di Preiti per quel che è, tentato omicidio, vuol dire "strumentalizzare" il caso? Quando è arrivato in caserma dopo l’arresto, l’uomo era freddo, strafottente, quasi infastidito. “Se mi date una pistola lo rifaccio” avrebbe detto agli agenti. Comprendere quest’uomo in realtà significa giudicarlo. Senza subordinare ai problemi sociali la responsabilità individuale.