“Comune dirigista e poco mercato. L’avvocato offre ricette vecchie”
25 Maggio 2011
A pochi giorni dal ballottaggio meneghino per la poltrona di sindaco c’è un’ombra che più di altre preoccupa Alberto Mingardi, direttore dell’Istituto Bruno Leoni (Ibl): "Quella del Comune-imprenditore". "Ci tengo a sottolineare che potrei dire la stessa cosa per il programma economico di Letizia Moratti ma, in ogni caso, ciò che colpisce anche per quello di Giuliano Pisapia è l’assenza di richiami, seppure vaghi, a una visione liberale dell’economia a Milano, in una città che è il centro economico del Paese". Il mercato è il grande assente ed è anche l’argomento che sta molto a cuore all’Ibl, visto che si tratta del principale think tank ultraliberista italiano.
Parliamo di contenuti: quale punto la colpisce di più nel programma del candidato del centrosinistra?
Sostanzialmente, se vogliamo metterla con uno slogan, racchiude vent’anni di slogan della sinistra del dopo 1989. Ci sono tutti i luoghi comuni.
Mi dia un elemento preciso.
Per esempio: siamo tutti favorevoli a una più ampia partecipazione delle donne nella governance. Ma mettere come primo punto la presenza di genere nei consigli di amministrazione delle municipalizzate mi sembra un luogo comune. E la cosa più rilevante? È questo il problema delle utilities?
Ne fa una questione di priorità? Andava bene ma in un’altra posizione?
Vede, sulle partecipate c’è un elenco di meravigliose invenzioni: limitare lo spoil system, avere un comportamento esemplare negli affidamenti.
Sono in molti a richiedere queste riforme da ambedue gli schieramenti, no?
Sono buone intenzioni ma non vanno ad incidere sul nodo delle municipalizzate.
Cosa dovrebbero proporre?
Diciamo che comportarsi bene è importante ma bisognava contemplare la possibilità di privatizzarle.
Torna al liberismo che è la vostra forma mentis. Il programma di Pisapia parla di socializzazione delle partecipazioni. Non sarà solo una contrapposizione di vedute?
Guardi, non solo valutazioni di carattere politico e per quello ho voluto fare la premessa sulla Moratti. Il punto è che il programma di Pisapia è orientato a chiedere al Comune una regia anziché l’ascolto del territorio e lo si vede anche nelle proposte.
Un esempio?
Viene rilevato che bisogna tornare a produrre in città e che il Comune discriminerà i progetti anche su questo elemento. Dal punto di vista della gestione di una città come Milano la priorità non può essere il ritorno dello Stato nell’economia. Un po’ per la mancanza di fondi e un po’ perché siamo la città più proiettata verso l’Occidente.
C’è un passaggio che condivide?
La disponibilità a disfarsi delle quote della Serravalle. È positiva. Anche se si collega a una seconda cosa che è molto negativa. Parte dei soldi per le dismissioni dovrebbero essere usati per costituire un fondo di venture capital pubblico con un vincolo territoriale. Dalla padella nella brace.
Eppure il venture capital è un innovativo strumento di mercato.
Se mi chiede se il programma è stato scritto nel 2011 o nel 1920 le dico che è stato scritto nel 2011, ma solo perché cerca di declinare un certo armamentario ideologico in chiave moderna.
Torniamo ai contenuti?
È anacronistico che ad ogni problema si risponda con un nuovo sportello comunale. Uno per il trasferimento tecnologico, uno per l’imprenditoria giovanile.
Cosa si poteva fare?
Gli sportelli andrebbero ridotti grazie alla tecnologia. Oppure si potrebbe dire che non tutte le risposte possono essere date dal Comuni.
In questo caso non lo avrebbero accusato di fare filosofia?
E nell’altro no?
(Tratto dal Corriere della Sera)