Comunisti (e russi) sconfitti, Moldavia più vicina a NATO ed UE
08 Agosto 2009
Esattamente un anno fa, carri armati russi rompevano l’ekecheiria dei Giochi Olimpici di Pechino penetrando nella piccola Repubblica caucasica di Georgia per “salvaguardare” l’incolumità dei cittadini delle enclavi russe di Ossezia del Sud e Abkhazia. Sempre un anno fa, la piccola Repubblica di Moldova cominciava a ricevere messaggi sempre più minatori da parte del Cremlino: i governanti di Chisinau erano invitati a non emulare il Presidente georgiano, Mikheil Saakashvili, in riferimento alla regione separatista della Transnistria, dove truppe russe sono massicciamente presenti come forze di “pace”. Da sedici anni 1.300 peace-keeper russi piantonano questo territorio, de facto garantendogli l’effettiva indipendenza dallo stato centrale. Tra l’altro, come gli osseti, gli abkhazi e gli abitanti della Crimea, anche la stragrande maggioranza dei cittadini della Transnistria ha cominciato a ricevere la cittadinanza russa. Altri “fratelli” russi da difendere in caso di un colpo di mano da parte del governo moldavo; un altro pezzo di territorio da strappare con le unghie e coi denti all’influenza occidentale.
Dopo il crollo dell’Impero sovietico, Chisinau ha instaurato con l’Alleanza Atlantica e l’Unione Europea legami importanti, che si stanno consolidando ogni giorno di più. La Partnership for Peace con la NATO e l’adesione alla European Neighbourhood Policy sono i pilastri su cui si fonda il legame della Moldova con l’Occidente. L’UE ha inoltre avviato nel paese balcanico una serie di attività incentrate sullo sviluppo della good governance per agevolare il definitivo compimento della transizione moldava verso l’economia di mercato. Ma finora la Moldavia non è stata in grado di prendere completamente le distanze dalla Russia. La classe dirigente, quella del Partito Comunista locale, rimasto ininterrottamente al potere anche dopo la fine della Guerra Fredda, affonda le sue radici ai tempi del comunismo ed è legata a doppio filo a Mosca. L’influenza russa in alcune aree del paese è rimasta intatta e continua a suggestionare coloro che sono nati e cresciuti ai tempi dell’URSS o quanti tra i giovani hanno completato la loro educazione a Mosca, e vedono ancora nell’Europa e negli Stati Uniti il nemico da sconfiggere, e non la comunità a cui unirsi per i suoi valori di democrazia e libertà.
A ciò si aggiungono le difficoltà economiche. Per Chisinau non è facile uscire fuori dal pantano dell’eccessiva burocratizzazione e dell’immobilismo istituzionale ereditati dal comunismo, nonostante i settori più avanzati della società che guardano all’UE spingano per il rinnovamento. In più, dal punto di vista economico, sebbene le cifre ufficiali indichino una crescita costante, la Moldavia resta la nazione europea più povera, con il 30% circa del PIL che viene ricavato dagli aiuti esteri.
Stretta tra due fuochi, la Moldavia è precipitata in una profonda crisi politica lo scorso aprile, quando migliaia di manifestanti, giovani in particolare, hanno massicciamente contestato la vittoria alle elezioni del Partito Comunista locale, viziata da brogli. La protesta è indice della volontà di rinnovamento che anima la parte più avanzata della società moldava, rispetto alla nomenclatura tradizionale che dagli anni ’90 in poi è riuscita a barcamenarsi tra la vecchia lealtà alla Russia e la necessità di stringere rapporti più organici con l’Occidente. La figura di Vladimir Voronin è emblematica. Presidente dal 2001, Voronin ha dimostrato finora grande abilità nel mantenersi in equilibrio tra est e ovest, continuando a rinviare a data da destinarsi l’ingresso della Moldavia nella NATO. Ma le proteste di aprile sembrano impresso al paese un deciso cambio di rotta. Voronin si è visto costretto ad indire nuove consultazioni e l’esito delle urne il 29 luglio scorso ha visto i comunisti perdere la maggioranza assoluta, nonostante altre numerose denunce di brogli.
L’opposizione risulta ancora troppo frammentata e si prospetta la possibilità di un fragile governo di coalizione. In ogni caso, ai comunisti mancherà il consenso necessario in parlamento per poter esprimere un nuovo capo dello stato. Un importante passo in avanti è stato dunque compiuto. La scena politica moldava è ora più aperta a coloro che da tempo cercano di trainare il paese verso Occidente. D’altro canto, Mosca potrebbe approfittare della situazione istituzionale altamente instabile per soffiare sulle rivalità tra gli esponenti politici e riaccendere la scintilla di un conflitto congelato come quello in Transnistria, che renderebbe la Moldavia un fattore d’instabilità per tutta la penisola balcanica, allontanando ancora una volta il paese da NATO ed UE. Ed è proprio ciò che vogliono i russi.