Comunque vadano le presidenziali il regno di Putin sta per finire

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Comunque vadano le presidenziali il regno di Putin sta per finire

03 Marzo 2012

E’ il momento della verità per il premier russo uscente Vladimir Putin, candidato alla guida del Cremlino alle elezioni presidenziali russe di Domenica 4 Marzo. Il premier russo ha terminato una settimana di fuoco, occupando gran parte della scena politica con dichiarazioni a tutto tondo su politica interna ed estera, confermando le promesse elettorali relative al settore economico e affermando il proprio impegno anti-brogli elettorali. Il tutto in una settimana in cui la polizia russa ha sventato un attentato di matrice islamico-cecena contro Putin, da perpetrare subito dopo le elezioni. Il regno di Putin in Russia compie dodici anni. Dapprima da presidente e poi come primo ministro onnipotente della presidenza  Medvedev, Putin si appresta a conquistare nuovamente la massima carica, almeno secondo gli ultimi sondaggi d’opinione circolanti. Putin ha sempre goduto di un larghissimo consenso, soprattutto grazie alla concatenazione di eventi che rafforzarono l’economia russa e garantirono stabilità al governo, primo fra tutti il boom del prezzi del petrolio . Un consenso che inizia a vacillare nel passaggio di consegne alla presidenza tra Putin e Medvedev nel 2008, interpretato da molti come una prova dell’inarrestabile sete di potere putiniana.Quello di Putin è un piano a lungo termine, non limitato alle elezioni del 4 Marzo. In base a suoi piani, si presume che Putin punti addirittura alle presidenziali del 2018: diventerebbe il più longevo tra i leader russi di tutti i tempi. Ma quali sono le sfide che il nuovo governo dovrà affrontare in caso di vittoria?

Una delle questioni più incerte riguarda la sorte di Medvedev. La sua “resa” politica a Putin, confermata dal rifiuto di candidarsi alle prossime elezioni, rafforza le posizioni degli oppositori e della classe media sull’esistenza di un monopolio politico da parte di Russia Unita, il partito putiniano. Gli stessi putiniani rimproverano a Medvedev di essersi dimostrato troppo vicino alle posizioni della piazza – la scorsa Domenica manifestazioni a Mosca hanno dato vita a una catena umana di vari chilometri -, ma anche e soprattutto di voler diminuire il potere del centro rispetto alla periferia. Putin potrebbe forse riguadagnare parte del consenso della classe media attraverso una trattativa orientata a diminuire la propria influenza personale, a favore di un dialogo effettivo ed operativo con gli schieramenti avversari. Sempre a patto di tenere ben salde le redini del potere, garantendo la stabilità del governo. In alternativa, come suggerito da‘The Economist’, il settimanale britannico dalle accese posizioni anti-putiniane, il neo-presidente Putin potrebbe tentare di calmare la piazza dopo l’elezione di Domenica annunciando di non ricandidarsi nel 2018. Minore sarà il lasso di tempo di cui il nuovo presidente avrà bisogno per mettere insieme un governo forte e accettato, sia dai membri del suo partito che dall’opposizione, maggiori saranno le chance di Putin d’apportare rimedio repentino alle sfide di politica economica e di politica estera.

Il noto adagio, “it’s the economy, stupid” è più che valido anche per la Russia. Se il tasso di crescita dell’economia russa è rimasto pressoché invariato attorno al 4% tanto nel 2010 quanto nel 2011,  è anche vero che gli investimenti esteri in Russia mostrano una leggera flessione, causata in parte dall’incertezza politica degli ultimi tempi fatta di proteste e dal passaggio di Alexei Kudrin – ex ministro delle finanze di Putin cacciato in diretta televisiva dal presidente Medvedev – alla corte dei dissidenti. La promessa di aumentare i salari medi di militari, insegnanti e dottori, oltre a quella di rafforzare ulteriormente le forze di polizia e l’esercito, spinge la Russia verso una dipendenza sempre maggiore dall’andamento del mercato europeo, pesantemente rallentato da una crisi che, ha dichiarato Putin durante una cena offerta ad alcuni giornalisti esteri, va affrontata senza “esagerare con l’imposizione della disciplina economica e della rigidità, o si arriverà al collasso e alla stagnazione”. Come noto, l’economia russa si basa sull’esportazione di commodities, principalmente petrolio e gas e la gestione di queste risorse è proprio in questo periodo al centro del dibattito politico nella Duma: nazionalizzare o aprire ad un mercato libero?

Le sfide che il presidente Putin dovrà fronteggiare da Lunedì saranno grandi e non è detto che sarà in grado di accettare un regola aurea di qualsiasi fenomeno politico: dopo l’ascesa e la conquista del potere, c’è prima o poi, il declino. Un declino che inizierà definitivamente – ed è certo paradossale – con la vittoria di Domenica.