Con 3 aliquote e una base imponibile larga Tremonti lancia la riforma fiscale

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Con 3 aliquote e una base imponibile larga Tremonti lancia la riforma fiscale

15 Giugno 2011

La politica del controllo dei conti pubblici è necessaria ai fini della tenuta dell’economia italiana ma non più sufficiente per stimolare la crescita e vincere le prossime elezioni nazionali. Alla fine anche Tremonti ha dovuto constatare che se il centrodestra vuole ritornare a conquistare i propri elettori deve impegnarsi di più sulle riforme economiche, che si sono rivelate il vero oggetto del desiderio dell’elettorato. E così, dopo un week-end dove egli stesso ha ammesso che alla riforma fiscale ci sta pensando almeno da un anno, durante l’ultima assemblea della Confartigianato ha cominciato a delineare i tratti salienti della proposta, che consisterebbe in una riduzione delle aliquote a tre sole, spiegando che, così facendo, si creerebbero gli incentivi per ridurre l’evasione fiscale e quindi recuperare gettito utile anche in tempi di austerità economica.

Certamente, quanto svelato da Tremonti non è molto ma ha dato un preciso segnale in senso riformatore e liberista, proseguendo verso il lungo e faticoso cammino verso la doppia aliquota tanto sognata da Silvio Berlusconi. La rimodulazione del sistema delle aliquote e degli scaglioni passerebbe attraverso il taglio delle famose tax expenditures, azione che permetterebbe di allargare di parecchio la base imponibile di riferimento. Secondo le ultime stime l’ammontare delle forme agevolative ammonta a circa 190 miliardi di euro e quindi il tesoretto dal quale il ministro può permettersi di attingere è piuttosto pingue.

I vantaggi di una riduzione del numero di scaglioni e di un abbassamento delle aliquote non comporterebbe solo il vantaggio del contrasto all’evasione fiscale. Ci sarebbe innanzitutto un incremento dell’offerta di lavoro, poiché l’occupazione è fortemente correlata al basso livello di tassazione. Secondariamente, la semplificazione del sistema riduce i costi di compliance, legati al processo amministrativo e tributario.

Più volte Tremonti ha affermato che la riforma del fisco deve essere fatta "a costo zero", ovvero a gettito invariato, poiché una riduzione tout court delle tasse non è certamente possibile, dati gli stretti vincoli sulla finanza pubblica imposti dalla Commissione Europea. In realtà, una seria riforma di semplificazione della giungla di norme tributarie comporterebbe un beneficio sicuramente maggiore di zero, dato dai risparmi legati alle attività di adempimento fiscale. E se il costo per semplificare il sistema tributario è zero (basta una legge) ed il beneficio è positivo, pare evidente che questa riforma vada fatta.

Quanto al numero di scaglioni (e aliquote) a parere di chi scrive la riduzione degli scaglioni è senza dubbio una buona notizia, ma il numero potrebbe scendere anche a due, con l’aliquota sul primo che potrebbe essere portata anche al di sotto del 20% e la seconda calcolata per mantenere il gettito invariato. Sempre, ovviamente, con una parallela riduzione delle spese fiscali, in maniera da realizzare una riforma in assenza di deficit.

Basse aliquote, sfruttamento di una ampia base imponibile e minimizzazione del numero di tax expenditures, in modo da non consentire che l’elemento fiscale incida sulle scelte dei contribuenti. Sono questi tre dei capisaldi di un sistema di tassazione di stampo liberista, che anche il partito repubblicano negli Stati Uniti sta proponendo. Sarebbe un sistema più semplice e più efficiente. E’ tecnicamente fattibile ed economicamente auspicabile. Ovviamente dovrà essere la politica a dettare l’ultima parola sulla sua fattibilità. Ma restare fermi vuol dire non andare verso i desideri dell’elettorato. E di questo anche Tremonti se ne è reso perfettamente conto.