Con Ciancimino Junior le sorprese non finiscono mai

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Con Ciancimino Junior le sorprese non finiscono mai

11 Maggio 2010

Fino a ieri certi giudici e giornalisti si sentivamo tutti più confortati. Sapere che in giro c’era il “testimone di giustizia” Massimo Ciancimino, con un ruolo chiave nelle indagini delle Procure siciliane sulla stagione delle stragi mafiose dei primi anni Novanta, dava loro l’impressione che la giustizia nel nostro Paese potesse rialzare la testa. Finalmente qualcuno svelava com’erano realmente andate le cose. Che senso di sicurezza, che titoli a effetto sui giornali come “Il Fatto”, quando il figlio dell’ex sindaco di Palermo tirava fuori dal cilindro uno dei suoi foglietti spiegazzati e rispondeva alle domande dei giudici. Ma la festa è finita perché Ciancimino non è più quello di prima.

Prendiamo il pizzino per antonomasia, apparso al processo che vede imputato l’ex generale Mori (foglietto che secondo Massimo sarebbe stato vergato da Provenzano in persona e di cui Ciancimino Senior avrebbe corretto le bozze prima di passarlo a sua volta al senatore Dell’Utri), in cui c’era scritto che la mafia voleva una delle reti televisive dal Cavaliere. In cambio, Cosa Nostra avrebbe evitato al Paese il verificarsi di un “triste evento”. Visto che per quei pubblici ministeri, e giornalisti, fare uno più uno non è poi così difficile, tutti pensavano che i protagonisti della vicenda fossero legati a filo doppio. Insomma, Cosa Nostra e lo Stato cenavano allo stesso tavolo. Dalla deposizione di Ciancimino Junior emergeva chiaramente che “Forza Italia” era il frutto della “trattativa” tra Stato e mafia, anche se del pizzino in questione Ciancimino ne conserva solo un pezzo (perché l’altro è inspiegabilmente sparito). Poco male, per quei pm e giornalisti uno più uno continuava a fare due.

Poi, ieri, la catastrofe. Ciancimino Junior annuncia coram populo che Berlusconi non solo non è più mafioso ma che anzi è stato “la più grande vittima della mafia”. E aggiunge: “Certa gente si era accreditata con la forza alla sua corte per poterne poi condizionare le scelte”. Dopo aver ascoltato queste parole, anche noi che abbiamo sempre nutrito dei sospetti e, a dirla tutta, una specie di avversione verso “testimoni di giustizia” come questi, ci siamo sentiti più confortati. Quello che ci chiediamo a questo punto, però, è se le giravolte di Ciancimino possano, per un momento, far perdere la granitica fiducia nei suoi confronti anche a quei giudici e giornalisti che pendevano dalle sue labbra. Magari facendoli dubitare che Cosa Nostra e lo Stato si siano mai seduti a cena allo stesso tavolo.