Con Epifani vince il Pd della conservazione sindacale
11 Maggio 2013
Il Pd sceglie un sindacalista, l’ex segretario della CGIL Guglielmo Epifani, come "traghettatore" verso il Congresso di ottobre che deciderà la successione a Bersani e probabilmente il destino dei Democrats (e del Governo). Grande ciarlare sulla stampa intorno alla balcanizzazione piddina, ai suoi equilibri roventi, l’incarico epifaniano letto come una scelta in continuità con la segreteria bersaniana, appoggiata dai popolari, che però non convince dalemiani e giovani turchi, mentre Renzi si limita a dire: "Decidano loro" (i suoi però stanno con Guglielmo).
Il Pd sceglie quindi un uomo, Epifani, che descrivono come moderato, beneducato, mastro concertatore, il primo socialista a guidare la CGIL dopo la ricostituzione nel ’44 (rinnegò il craxismo durante Tangentopoli, oggi potrebbe sdoganare definitivamente il Psi davanti allo stato maggiore postcomunista). Epifani seguì Cofferati (tra i fondatori del Pd, non è stato neanche invitato tra i delegati) sulla strada delle grandi manifestazioni di piazza contro i governi Berlusconi. Contro qualsiasi proposta di tagli alle spese sociali, contro ogni riforma del lavoro dipendente, pubblico, esodato, cassintegrato. In realtà le piazze le riempiva veramente Cofferati, Epifani come leader sindacale non lo ricorderemo per grandi decisioni che passeranno alla Storia. Sta bene dove sta, in attesa della resa dei conti finale.
Mentre la disoccupazione sale e quella giovanile scoppia, i Democrats scelgono un keynesiano, un esponente del partito che idealmente è più vicino a Vendola (e a Tremonti) che a Renzi o a Letta, convinto assertore della degenerazione liberista. Chi rappresenta Epifani come nuovo segretario del Pd? Un welfare che non vuole cambiare e uno Stato che intende rimettersi a spendere. Un partito che non riesce a interpretare né a rappresentare le trasformazioni del mercato del lavoro, un sindacato che difende i suoi e abbandona sulla strada della demagogia gli autonomi (ca 6 mln), i precari e chi non ha diritti né statuti dei lavoratori dalla sua parte e la pensione la vedrà col binocolo perché intanto l’INPS probabilmente sarà già collassata.
Un sistema dove qualsiasi riforma dei vincoli sindacali, della legislazione sul lavoro, delle normative contrattuali, viene considerato un vulnus costituzionale. Il partito dei diritti per chi ce li ha già, la forza moderata, ci mancherebbe, della conservazione.