“Con i Castro Cuba non sarà mai libera”

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“Con i Castro Cuba non sarà mai libera”

27 Marzo 2008

Intervista ad Armando Valladares di Stefano Magni

C’è uno strano ottimismo sul
futuro di Cuba. Sembra che con l’arrivo al potere di Raul Castro si aprano
possibilità di riforme e di apertura nella più longeva dittatura comunista
dell’emisfero occidentale. Il dissidente Armando Valladares non la pensa così.
“Raul Castro vuole mantenere lo status quo. E non gode di molte simpatie presso
cupola che detiene il potere a L’Avana. La sua esperienza durerà finché vive
Fidel Castro, ma, morto il lìder maximo, la prima vittima sarà proprio suo
fratello”.

Valladares conosce molto bene
le dinamiche totalitarie del regime di Cuba, perché le ha vissute sulla sua
pelle. Nel 1959, mentre il mondo intero considerava Fidel Castro un sincero
rivoluzionario democratico, l’impiegato delle poste Valladares veniva accusato
per la sua fede cattolica e per il suo rifiuto tassativo di aderire alla
dottrina marxista del nuovo potere. Fu segnalato alla polizia politica per un
semplice gesto di dissenso: l’essersi rifiutato di applicare alla sua scrivania
una targhetta con lo slogan propagandistico “Se Fidel Castro è comunista,
inseritemi nella lista perché la penso come lui”. Considerato elemento
recalcitrante, iniziò il suo inferno: ventidue anni nelle carceri cubane dopo
un processo sommario. Mentre il mondo inneggiava alla figura rivoluzionaria di
Che Guevara, eletto a nuovo idolo dalle masse progressiste, Valladares
assisteva alle continue persecuzioni ed esecuzioni capitali nella prigione
diretta dal “Che”, l’antico carcere di La Cabana, trasformato in un centro di
detenzione e smistamento dei prigionieri politici. Mentre il mondo progressista
salutava con gioia la vittoria militare dei castristi contro “i Cubani di
Miami” nella Baia dei Porci, Valladares si trovava nel carcere “modello” di
Isla de Pinos, seduto su tonnellate di esplosivo: in caso di vittoria degli
esuli anti-castristi, gli aguzzini del regime avevano l’ordine di far saltare
in aria il carcere per ammazzare tutti i prigionieri.

Mentre i progressisti, in
Europa come a Hollywood, sognavano il paradiso cubano, Valladares viveva un
inferno in terra, fatto di lunghi periodi in cella di rigore e isolamento,
percosse, torture, lavori forzati. La sua pena divenne sempre più dura man mano
che rifiutava il programma di rieducazione “offerto” dal regime. La sua fede e
la convinzione di essere dalla parte del giusto, gli permisero di vincere la
sua battaglia di resistenza individuale. Il suo libro di memorie dal “fondo
delle carceri cubane”, intitolato Contro
ogni speranza
(ora edito per la seconda volta in Italia dalla casa editrice
Spirali, dopo una prima edizione di SugarCo del 1987), aprì gli occhi
dell’opinione pubblica mondiale sui crimini del castrismo. Ronald Reagan fu tra
i suoi lettori e lo nominò ambasciatore per gli Stati Uniti presso la
Commissione per i Diritti Umani dell’Onu, un ruolo che gli permise di
combattere la sua lotta in difesa dei perseguitati politici cubani.

La prima cosa che Valladares
ci mostra, in occasione della presentazione di Contro ogni speranza, è una vecchia foto. Si riconosce
distintamente Raul Castro nell’atto di uccidere un prigioniero politico con un
colpo di pistola alla nuca.

Raul Castro, appena
arrivato al potere promette riforme e concede ai cubani di tenere anche un
computer e una televisione. Ci dobbiamo attendere cambiamenti o è solo propaganda?

Non è cambiato nulla. Ogni
giorno che passa, a Cuba vanno sempre meno turisti. Soprattutto a causa delle
nuove leggi statunitensi che restringono ulteriormente la possibilità di
recarsi sull’isola, complicando la procedura per ottenere un visto. Ora un
cittadino americano può visitare Cuba solo una volta ogni tre anni e il denaro
che si può portare dietro è limitato. Ma il regime ha bisogno di valuta
straniera, di dollari. Questi elettrodomestici che si vendono adesso si vendono
solo in dollari. E’ incredibile come il mondo intero dia così tanta importanza
a un fatto così banale. Sembra quasi che il regime cubano abbia conquistato la
Luna, ma la realtà è che dopo quasi cinquant’anni di dittatura i cubani
potranno comprare una televisione in bianco e nero. Un operaio deve lavorare
almeno quattro anni prima di potersi permettere un televisore. Oppure possono
comprarsi un computer, ma senza Internet, perché per un allacciamento occorre
un permesso speciale. E poi, siamo seri: che gran bella conquista poter comprare
un forno a microonde all’alba del 2008! Quanto alla libertà politica, non c’è
alcun cambiamento. Quando tutti pensavano che Carlos Lahe, uno aperto alle
riforme, potesse diventare la figura più importante, l’hanno messo da parte.
Raul, invece, ha scelto come suo vice uno dei pochi stalinisti puri rimasti nel
mondo: Machado Ventura. E questo è già un messaggio più che esplicito. Due
settimane fa, il ministro degli Esteri Felipe Perez Roque ha firmato due
trattati internazionali per la tutela dei diritti umani (che includono anche il
diritto di voto, di emigrazione e di assemblea, ndr), ma una settimana dopo la
firma di questi accordi un gruppo di cittadini cubani è stato malmenato solo
perché sventolava copie della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.
C’è più repressione adesso che tre mesi fa. 

Quando Lei fu arrestato,
Castro non si definiva neppure marxista, ma stava portando a termine la
sovietizzazione dell’isola. Crede che vi sia un’operazione simile di
dissimulazione anche in questi mesi?

No, non credo che vi sia
disinformazione in questi giorni. Perché il messaggio di Raul Castro e di
Machado Ventura è chiarissimo ed esplicito: se non accettate il regime, noi vi
schiacciamo. Due ragazzi che stavano solo chiedendo perché non poter uscire da
Cuba, sono stati arrestati. Solo perché avevano fatto una domanda. Non erano
dissidenti, non volevano compiere atti ‘sovversivi’, si sono dichiarati dei
socialisti convinti quando sono stati fatti comparire in televisione. 

Perché la stampa
occidentale è così ottimista per Cuba?

E’ un atteggiamento
interessato. Milioni di persone vogliono mantenere intatto questo ultimo
baluardo del comunismo nel mondo, a costo di giustificare o nascondere quasi
cinquant’anni di crimini. In realtà non esiste alcuna prova che dimostri che
sia in corso un’opera di riforma. L’appoggio al castrismo, per buona parte
dell’opinione pubblica, è un modo per veicolare l’odio nei confronti degli
Stati Uniti. Castro è stato un nemico giurato degli Usa, vicino alle loro
coste. Ha combattuto contro Washington, sia realmente che facendo molto teatro.
Si diceva che vi sarebbe stato un cambiamento anche dieci anni fa, quando il
Papa Giovanni Paolo II aveva dichiarato che ‘Cuba si aprirà al mondo e il mondo
si aprirà a Cuba’. La gente se lo aspettava veramente, ma sono passati dieci
anni: il mondo si è aperto a Cuba, ma Cuba è ancora chiusa. 

Proprio a proposito della
visita del Papa, Lei ha contestato, le
dichiarazioni del cardinal Bertone sul regime. Perché i cattolici hanno questo
atteggiamento, secondo Lei?

La Chiesa che ignora e
nasconde i suoi martiri non è una vera Chiesa. E la Chiesa di Cuba è quella del
silenzio e della complicità. Io ricordo quando Monsignor Zacchi visitò Cuba e
dichiarò che Castro era un uomo “profondamente cristiano”. Proprio in quel
momento, i cristiani venivano fucilati nel carcere di La Cabana e gridavano
‘Viva Cristo Re, abbasso il comunismo!’ prima di essere uccisi. Se Castro era
un uomo dai valori profondamente cristiani, allora che cosa erano quei martiri
che si facevano uccidere pur di non rinunciare alla loro fede? Castro ha detto
più volte che si pu