Con i Tremonti-Bond il ministro mette a segno un colpo da maestro
26 Febbraio 2009
Con i Tremonti-bond il ministro dell’Economia sale in cattedra e mette a segno un colpo da maestro contro la crisi economica. Ieri il titolare del dicastero di via Venti Settembre ha firmato il decreto che dà il via libera alla sottoscrizione, da parte del Tesoro, di obbligazioni emesse dalle banche italiane che necessitano di liquidità. Gli istituti di credito che vorranno avvalersi dei prestiti, però, dovranno dare un aiuto concreto a famiglie e imprese.
Tremonti punta a un doppio risultato, arginare la crisi finanziaria e sostenere l’economia reale, e indica qual è la giusta strada da seguire, anche in futuro: lo Stato può interviene per aiutare settori in difficoltà, ma i vantaggi devono essere per tutti. In che modo? Le imprese che ricevono finanziamenti pubblici devono impegnarsi a ridistribuire i benefici al fine di stimolare la domanda effettiva che è data da consumi e investimenti. Non ce ne voglia il ministro dell’Economia se in questa impostazione vediamo una pura matrice keynesiana (John Maynard Keynes è l’economista inglese che, a seguito della grande depressione del ’29, elaborò la teoria della domanda effettiva e dell’intervento pubblico come soluzione per la crisi). D’altronde, in un momento in cui persino gli Stati Uniti sono pronti a nazionalizzare banche e grandi industrie, il governo italiano può vantarsi di utilizzare la leva pubblica con più sofisticata discrezione.
Il Tesoro sottolinea che i Tremonti-bond hanno l’obiettivo di «accrescere le opportunità di finanziamento all’economia grazie alla maggiore patrimonializzazione delle banche». Il provvedimento, quindi, in primo luogo va in soccorso degli istituti di credito in difficoltà che pagheranno una cedola annuale compresa tra il 7,5 e l’8,5 per cento per i primi anni. Cedola che poi andrà a crescere gradualmente. Le banche dovranno assumersi impegni concreti: la sospensione del pagamento della rata di mutuo per almeno 12 mesi per i lavoratori in cassa integrazione o percettori di sussidio di disoccupazione; la promozione di accordi per anticipare le risorse necessarie alle imprese per il pagamento della cassa integrazione; il contributo finanziario per rafforzare la dotazione del fondo di garanzia per le pmi; l’aumento delle risorse da mettere a disposizione per il credito alle piccole e medie imprese.
Il ministro ha illustrato anche i meccanismi di controllo: scenderanno in campo le prefetture che dovranno monitorare l’erogazione del credito a piccole e medie imprese e famiglie. «Tanti controllori», ha affermato Tremonti, sulla base di un modello già adottato in Francia con successo. Secondo quanto prevede il decreto firmato ieri, inoltre, le banche dovranno presentare un rapporto trimestrale sulle «azioni intraprese per il sostegno finanziario dell’economia reale».
Questa è una risposta incisiva alla crisi che inchioda tutti alle proprie responsabilità. Una misura che risulta più efficace di altre messe in campo dai governi europei nelle ultime settimane. Pensiamo per esempio agli incentivi alla rottamazione delle auto: si offrono contributi pubblici alle case automobilistiche ma in cambio non si chiede alcun impegno preciso a favore di lavoratori e famiglie. In questo modo le risorse pubbliche andranno a beneficio delle aziende che sperano così di smaltire lo stock di auto invendute, ma non è previsto alcun obbligo a sostegno del potere d’acquisto dei lavoratori. Resta solo il miraggio di poter acquistare una macchina nuova a un prezzo scontato (ma siamo sicuri che un cassaintegrato in questo momento abbia la possibilità di cambiare l’auto?). I dubbi sugli effetti degli incentivi alla rottamazione come strumento di politica economica e ambientale sono molti (in proposito si veda l’Occidentale del 28 gennaio) e non è un caso che anche lo stesso Tremonti fino all’ultimo abbia cercato di limitare al minimo le risorse da destinare a tale provvedimento. I Tremonti-bond, invece, sono legati a effetti redistributivi. Attraverso una serie di condizioni che hanno l’obiettivo di indirizzare parte della ricchezza verso chi si trova in maggiore difficoltà. Il ministro dell’Economia sa bene che, al di là delle finalità etiche, le misure a favore delle famiglie a basso reddito (che hanno una più alta propensione al consumo) stimolano la domanda e quindi sostengono spese e investimenti.
Nelle prossime settimane, c’è da augurarselo, potrebbero arrivare altri interventi in questa direzione. Anche perché i dati della crisi economica in Italia parlano chiaro: nel commercio, fa sapere l’Istat, le vendite al dettaglio a dicembre 2008 hanno registrato una calo dell’1,9% rispetto allo stesso mese del 2007. Il tasso di disoccupazione, secondo le stime dell’Isae, salirà nel 2009 all’8,1% e nel 2010 all’8,5%. È evidente che è arrivato il momento di intervenire a sostegno del lavoro. Keynes riteneva che, per stimolare un’economia in recessione, lo Stato debba procedere a investimenti pubblici e assumere lavoratori anche solo «per scavare buche e poi riempirle». Tremonti non arriverà certo a questo paradosso, anche perché scatenerebbe le ire di tutti, del ministro Brunetta in primis. Ma una cosa è certa: il governo qualcosa di concreto a favore dell’occupazione dovrà inventarselo in fretta.