Con il caucus in Iowa per i Repubblicani è il momento della verità
31 Dicembre 2011
Le primarie dei Repubblicani sono una lunghissima maratona, si vince sulla distanza. Ma partire con uno sprint in Iowa, sarebbe comunque un bel colpo. Quindi occhi puntati sullo stato dove abitarono gli indiani Sioux. Giornalisti e reporter hanno invaso la capitale Des Moines ma prima di tuffarsi nella pazza corsa verso la convention di Tampa (27 agosto) bisogna tenere conto di alcuni fattori importanti.
L’Iowa è uno stato poco rappresentativo, a partire dalla composizione agricola, agraria e populista dell’elettorato, sia fra i conservatori che fra i progressisti, e per la tradizionale bassa affluenza alle riunioni elettorali. Quest’anno c’è poi una novità che potrebbe ridimensionare il voto in Iowa, che solitamente lancia figure nuove o consolida una volta per tutte un candidato che si presenta come favorito.
Le indicazioni dei sondaggi, quest’anno, rilevano che il gradimento di questo o quel candidato è molto legato alle performance nei dibattiti televisivi, e all’effetto trascinamento ottenuto dai social networks. Ma in una situazione di grande incertezza come quella attuale, chi, tra i sei in corsa si imporrà nei Caucus del 3 gennaio potrebbe trovare grande slancio.
E’ la speranza di Mitt Romney, che sta facendo di tutto per rafforzare la sua immagine di candidato “inevitabile”. Sarà anche l’uomo giusto per battere Barack Obama, come ripete nei comizi, ma la base del partito dell’asinello no riesce a farsi entusiasmare dall’ex governatore del Massachusetts. Romney, secondo uno schema ormai collaudato, alla vigilia dei primi Caucus è sotto attacco dei due candidati che lo insidiano più da vicino: Ron Paul e Newt Gingrich.
Se il fuoco incrociato a cui è sottoposto dovesse fallire, Romney ne uscirebbe rafforzato e potrebbe continuare a propagandare l’immagine di anti-Obama. Ma dal piccolo Iowa potrebbe uscire la sorpresa Ron Paul che all’improvviso gode di inaspettata e improvvisa popolarità.
Il deputato texano ha usato Internet meglio e prima di molti suoi colleghi e negli anni si è costruito una solida popolarità di vecchio e affidabile paladino delle idee ultraconservatrici. Tanto per capire, è il padre di Rand Paul, candidato dei tea party eletto senatore in Kentucky alle ultime elezioni di metà mandato.
Gli analisti pensano che alla fine non ce la farà mai ad ottenere la nomination repubblicana, anche se il 3 vincesse in Iowa. Ma una sua affermazione nello stato del Midwest costringerebbe Romney e Ginrich a giocare sul suo terreno: populismo, elogio dello stato minimo, ultraliberismo. A rimetterci sarebbe soprattutto Romney che sembra già avere altri orizzonti visto che ha passato molto più tempo a criticare la politica estera dell’amministrazione democratica.
Difficile immaginarselo a rincorrere i Tea party. L’”istituzionalità” ostentata di Romney e la stravaganza di Paul potrebbero dare la vittoria a Ginrich, per qualche giorni in testa ai sondaggi. Il suo nome è legato a una delle più grandi vittorie della storia recente dei repubblicani: la conquista della maggioranza alla Camera nel 1994, dopo quarant’anni di maggioranza democratica.
Un’esperienza che però finì molto male e portò Gingrich a lasciare la politica attiva e cominciare una nuova fruttuosa Il punto di forza di Gingrich, oltre alla grande notorietà (grazie alla carriera da editorialista e commen-tatore televisivo, soprattutto per Fox News) è la capacità di poter fare sintesi tra le posizioni anti establishment della base del partito, e la dirigenza del partito, che lo conosce da vent’anni e che può fidarsi di lui più di quanto potesse fidarsi di Romney e Paul.