Con il referendum in Sudan rispuntano anche i chierici dell’islamismo
17 Gennaio 2011
Senza dubbio il referendum in Sudan è un evento di portata storica destinato ad influenzare profondamente i confini usciti dall’epoca coloniale e postcoloniale nel continente africano. I risultati definitivi sulla secessione del sud cristiano più povero ma ricco di petrolio dal nord musulmano guidato dal presidente Bashir – inseguito da una condanna del tribunale penale internazionale – non arriveranno presto anche se alla fine del voto emerge chiaramente che sta nascendo una nuova nazione.
Se il processo dovesse proseguire "pacificamente", sarebbe un risultato per le grandi potenze, America in testa, che hanno favorito lo schiaffo finale al regime di Al Bashir. Ma nelle scorse settimane ci sono già stati dei morti, l’Africa la ricordiamo sempre per l’incubo del Ruanda, e lo stesso presidente Obama ieri si è raccomandato di perseverare in operazioni elettorali corrette prima di dare un nome alla nuova entità territoriale.
Nello stesso tempo non è possibile trascurare il fatto che ancora una volta, con il referendum che libera le tormentate regioni del sud, assistiamo ad un fallimento di quelle idee di convivenza tra fedi e culture diverse figlie della visione multietnica di fine Novecento. Il rischio è una polverizzazione balcanica del Sudan e sarebbe un errore imperdonabile non prevenire quello che accadrà nel nord del Paese, dove il risultato potrebbe avere effetti imponderabili sulla stabilità del governo, delle istituzioni, e sulla integrità stessa di quello che era il più grande stato africano.
Il Presidente Al Bashir ormai è alla canna del gas. Ha perso l’appoggio delle elite del Nilo e musulmane, si sbraccia promettendo di reintrodurre al più presto la sharia, ma dagli angoli della storia sudanese di questi anni rispuntano personaggi eversivi come il chierico al Turabi, grande mentore di Osama Bin Laden negli anni novanta, che dopo essere stato marginalizzato e finito in carcere, oggi riprende la parola per minacciare il futuro di questo pezzo d’Africa.