“Con il Roma Fiction Fest l’Italia ha fatto il giro del mondo”

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“Con il Roma Fiction Fest l’Italia ha fatto il giro del mondo”

11 Luglio 2010

Il Roma Fiction Fest – la vetrina della migliore fiction made in Italy che si è chiusa ieri nella capitale – si trasforma in mercato  per la compravendita del prodotto audiovisivo e lo sviluppo delle co-produzioni. Lo fa attraverso l’Industry Week, nato da un’idea messa a punto da APT (Associazione Produttori Televisivi) e Fondazione Rossellini, che, grazie ai feedback positivi della scorsa edizione, tenta di lanciarsi nel panorama internazionale come unico esperimento italiano nel suo genere. L’evento si è articolato in due momenti: il RomaTvScreenings, destinato a incrementare le vendite del ‘prodotto italiano finito’ sui mercati esteri, e il RomaTvPitching durante il quale i produttori presentano i loro nuovi progetti ai potenziali partner internazionali.

Tre le novità di questa edizione 2010: la presenza di una serie di Panel in cui gli esponenti mondiali dell’audiovisivo si sono incontrati per confrontarsi sui rispettivi sistemi televisivi e discutere di eventuali co-produzioni internazionali; la seconda, l’allestimento di postazioni video individuali (Viewing Station) per consentire ai buyers di selezionare i prodotti di maggiore interesse; la terza (e più importante), la presenza di un nuovo direttore, Antony Root – che in precedenza ha lavorato per la BBC presso il dipartimento televisivo Drama Series and Serials, in qualità di script editor per numerose serie. Ed è proprio con lui che abbiamo fatto una chiacchierata sullo stato del mercato italiano della fiction e sulla sua esperienza al Roma Fiction Fest.

Direttore, qual è l’obiettivo dell’Industry Week?

L’Industry Week, la sezione commerciale del Roma Fiction Fest, persegue due obiettivi. Il primo è stimolare la vendita delle fiction italiane, già trasmesse in tv, sui mercati internazionali. L’altro è creare contatti tra produttori italiani e potenziali partner, che siano responsabili di palinsesto, creative executive e alcuni dei principali produttori mondiali interessati a finanziare produzioni future. Insomma, abbiamo il compito di sponsorizzare, vendere i programmi e creare opportunità di finanziamento future.

Quali sono le potenzialità del mercato italiano delle fiction all’estero?

Le fiction italiane sono già massicciamente vendute nel centro e nell’est europeo. Ci sono ovviamente delle relazioni con l’Europa più propriamente continentale: Francia, Germania e Spagna in modo particolare. E c’è anche un commercio di format tra questi Paesi. Penso che una delle cose più interessanti che è emersa quest’anno sia stata la presenza di acquirenti mediorientali sui quali generalmente non avremmo mai scommesso.

Quali sono le nazioni più interessate ai prodotti italiani?

L’Europa continentale, in particolar modo la Spagna. La Grecia compra programmi, la Germania ha una relazione continua acquistandone alcune tipologie, non tutti. L’Australia ha un canale, SBS, abbiamo ospitato a Roma alcuni dei suoi rappresentanti, che deve necessariamente comprare programmi italiani e doppiarli per la comunità che parla italiano in Australia.

E i mercati in cui non riusciamo proprio a penetrare?

Credo che il più difficile resti quello dei paesi anglosassoni, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti.

Quali sono secondo Lei i limiti del mercato italiano se lo confrontiamo con quello anglosassone?

Nessun mercato può essere paragonato a quello americano. È inutile farlo. Noi tutti del resto abbiamo una ‘doppia visione’ dell’America, un’America reale un’altra immaginaria, ed è proprio il loro modo di concepire la fiction che li pone su un piano diverso. L’Inghilterra, invece, ha un settore legato alla produzione indipendente incredibilmente dinamico, perché i diritti dei programmi televisivi dipendono dai produttori non dai broadcaster.

E in Germania e Spagna?

In questi Paesi la situazione non è tanto diversa da quella dell’Italia, nel senso che i produttori devono molto spesso cedere i loro diritti ai broadcaster, che pagano per poter realizzare il prodotto. Quindi quello che posso dire è che il limite principale sia proprio la mancanza di un settore di produzione indipendente dinamico.

In America come funziona?

E’ un problema anche negli Stati Uniti perché la televisione americana e tutti i media sono controllati da poche grandi compagnie come NBC, Universal, CBS, Paramount. Personalmente ritengo che sarebbe positivo per questo mercato andare in una direzione che veda il produttore avere maggiore controllo sulla "vita" dei suoi programmi.

In Italia ci sono altre questioni in ballo?

L’altra, ben nota a tutti, è che in Italia c’è il duopolio di Rai e Mediaset che impone delle limitazioni al mercato. Bisogna premettere che fare fiction costa e quindi sono ovviamente i network più ricchi a poterle realizzare, Sky e Fox, certo, ma ancora limitatamente. Quindi se un produttore italiano ha solo due soggetti a cui può vendere i suoi prodotti, mentre gli americani ne hanno a disposizione venti o trenta e gli inglesi sei, è chiaro che il mercato del Belpaese ne risenta.

Come definisce la sua esperienza in Italia?

Fantastica. Avevo precedentemente lavorato nel vostro Paese quando ero Senior Vice President per le produzioni europee di Sony Pictures Television International. Allora ho incontrato società di produzione private in cinque o sei diversi Paesi europei, compresa una società di produzione italiana della Sony. Quindi ho avuto modo di conoscere abbastanza bene il mercato italiano. Abbiamo realizzato un programma per la Rai chiamato “Gente di mare”, per esempio, che poi è stato distribuito all’estero. Quando sono tornato qui conoscevo già i meccanismi, l’ambiente, le persone (i produttori e la gente del settore), così non si è trattato di un’esperienza nuova o destabilizzante, in fondo i miei genitori hanno vissuto qui per dieci anni.

Quali sono i progetti per rendere l’Industry, e più in generale il Roma Fiction Fest, un evento sempre più importante?

Davvero una bella domanda, alla quale però non so dare una risposta concreta per un unico motivo: mi è stato semplicemente affidato il compito di fare da rappresentante dell’evento. Dal mio punto di vista bisognerebbe darsi un respiro più internazionale. Questi eventi sono stati creati sotto la spinta dei produttori italiani. Un festival con base romana specializzato in fiction ha rappresentato e rappresenta un’opportunità unica nel calendario internazionale. Non c’è altra rassegna equivalente che abbia come protagonista le fiction. L’Italia può esserne il centro ma dobbiamo innanzitutto aumentare il range delle ambizioni estere.