Con “Io e te” Niccolò Ammaniti chiude l’adolescenza in cantina

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Con “Io e te” Niccolò Ammaniti chiude l’adolescenza in cantina

25 Dicembre 2010

Una storia di adolescenza. Io e te di Niccolò Ammaniti racconta di un quattordicenne in crisi. Si nasconde in una cantina invece di andare in settimana bianca con dei compagni di scuola dove ha fatto credere ai suoi di essere stato invitato.

In crisi continua tra il voler essere da solo e il dover stare con gli altri. "Le cose, una volta pensate, che bisogno c’è di dirle". Forse tutti gli adolescenti almeno una volta hanno pensato queste parole come Lorenzo, il protagonista del romanzo.

La sua lotta con se stesso è continua. Avverte la sua specificità come pericolosa e cerca di essere trasparente. Non farsi notare può essere la soluzione, ma non funziona. Anche se cerca di essere una sardina nel banco per essere ignorato ma capisce che non funziona. Allora ispirato dal comportamento di una mosca tropicale, vista in un documentario che si finge vespa per spaventare gli altri insetti e salvarsi, inizia ad imitare gli altri. Cerca di essere uguale nei modi, nei vestiti, nel linguaggio. Crede così di far pensare di essere uno di loro. Più inscena la farsa più si sente lontano. I genitori non sono contenti, deve avere amici. La madre il padre e la scuola lo sollecitano ad essere quello che non è. Si sente costretto a dover recitare di essere interessato agli altri, tanto che si inventa l’invito per dimostrare di avere degli amici ed essere stato cercato.

Un racconto che colpisce per la semplicità con cui racconta una doppia tragedia. Il disagio del protagonista e la morte che avviene dieci anni dopo della sorellastra, avuta dal padre nel precedente matrimonio. Il fratello la incontra e conosce realmente nella cantina; purtroppo  lei ha problemi con la droga. Lui ha problemi con gli altri. Disturbo narcisistico, questa la diagnosi dello psicologo che lo ha visitato. Il padre ha fatto smettere la terapia, non è il figlio ad avere problemi secondo lui, ma lo psicologo.

La storia porta molti elementi interessanti che raffigurano il mondo degli adolescenti e degli adulti di oggi. Da una parte la normale paura del confronto e del giudizio degli altri. Dall’altra il desiderio di essere concentrati solo sui propri bisogni e la percezione che l’altro sia solo di intralcio alla realizzazione dei propri desideri. E per quanto riguarda gli adulti lo stereotipo che la felicità dei figli e la loro realizzazione passano sicuramente attraverso il riconoscimento sociale e la quantità di soggetti intercettati.

L’altro come minaccia, ma anche come desiderio di comunione. E’ ben rappresentata la madre preoccupata della vita sociale del figlio. Addirittura si commuove quando è a conoscenza dell’invito che Lorenzo gli fa credere di aver ricevuto ma non si scompone per la fragilità emotiva del proprio ragazzo che di fronte a situazioni emotivamente forti fugge con svenimenti o ipod nelle orecchie.  

Un padre un po’ lontano e assente rispetto ai problemi del figlio, che liquida, eliminando anche la terapia consigliata dallo psicologo. Padre lontano anche dall’altra figlia, con cui si intuisce ha avuto un rapporto inesistente surrogato poi dall’invio continuo di soldi, utili a sedare sensi di colpa, ma non certo a costruire legami.

Uno spaccato della nostra società raccontato con leggerezza, con garbo ma non per questo meno penetrante nel rappresentare la solitudine dei ragazzi protagonisti della storia che rappresenta molti adolescenti di oggi. Soli rispetto all’avere una guida, ma sicuramente supportati da denaro, regali, e attenzioni  inutili e di tipo consumistico,  ma deprivati di quei rapporti che fanno crescere e che danno la forza per sopravvivere. Rapporti che molti genitori tentano di ritrovare quando i figli sono nei guai, con sermoni e prediche ormai inutili, anche perché spesso accompagnati a esempi comportamentali fortemente contraddittori.

Ragazzi soli e male abituati. Viziati da una vita di solitudine dorata dove non incontri mai gli altri, magari un po’ brutti un po’ diversi da te ma che ti fanno sentire calore, che ti fanno sentire la vicinanza. No, questi giovani come il nostro protagonista ci appaiono imprendibili, impalpabili, lontani da tutti e da tutto. Selettivi. Quella selezione che mette la distanza tra loro e la massa. Tra loro e l’altro.

 Dentro la mischia può cancellarsi la più antica delle paure, quella che crea tra gli uomini le distanze nelle quali spesso alligna la paura di essere toccati. Così si resta soli senza perdersi nell’abbraccio che fortunatamente l’adolescente di "io e te" riesce ad avere con la sorellastra. Non ci racconta l’autore se questo abbraccio, questo incontro, significherà aprirsi agli altri. Un po’ce lo fa sperare quando gli fa dire "dentro di me qualcosa si è spezzato, il gigante che mi teneva contro il suo petto di pietra mi aveva liberato". Stringendo a sé la sorella che crede morta.

Ha ben rappresentato il narcisismo che contraddistingue queste generazioni. Vittime di un’educazione di genitori che hanno esercitato il narcisismo e il giovanilismo ad oltranza che non gli ha permesso di essere guida e sostegno per i propri figli ma amici e quindi impauriti delle loro stesse paure. Non hanno potuto passare esempi di esperienze diverse ma hanno solo addestrato a comportamenti e indirizzato verso scelte funzionali.

Questo non ha permesso ai ragazzi di sedimentare conoscenza ed esperienza, di conoscere se stessi e gli altri. Hanno solo capito nella maggioranza dei casi cosa è meglio fare e cosa si deve fare, dimenticando di fare i conti con cosa si è e si sa fare per sé  e per gli altri di conseguenza.

E’ infatti nell’abbraccio che scioglie le emozioni che il ragazzo riesce a dire la semplice verità; volevo andare in montagna con loro mi sarei divertito! Riportando al centro del discorso l’importanza del rapporto, della vicinanza, dell’amore che si riconosce e si pratica se lo si è sperimentato.