Con la condanna di Chirac la Francia fa trionfare per la prima volta l'”égalité”
15 Dicembre 2011
“Coupable”. Con questa sentenza il giudice Dominique Pauthe ha dichiarato colpevole Jacques Chirac chiudendo un cerchio aperto agli inizi degli anni ‘90, ai tempi in cui il predecessore del suo “figlioccio traditore” Sarkozy – che lo abbandonò per schierarsi con Balladur – era primo cittadino della capitale francese. Incastrato dall’accusa di dirottamento di fondi pubblici, abuso di fiducia e acquisizione illegale degli interessi nel quadro del caso sugli impieghi fittizi del municipio di Parigi, l’ex presidente della Repubblica francese dovrà scontare due anni di carcere (però) con la condizionale.
I (mis)fatti risalgono al 1990, quando Chirac, uno degli uomini potenti del gollismo, iniziava la corsa per le presidenziali che avrebbe poi vinto cinque anni dopo. Proprio in questi anni esplodeva l’affaire des emplois fictifs al Comune di Parigi: una ventina di persone assunte in maniera irregolare e remunerate dal municipio.
La vittima in questione è quindi il Comune francese e, per estensione, tutti i cittadini e l’Istituzione. M. Delanoe, l’attuale sindaco della città, alcuni mesi fa aveva accettato di ricevere per il comune una grossa somma di denaro da parte di Chirac e dell’UMP come indennizzo, decidendo perciò di rinunciare a costituirsi parte civile nel processo. Da parte sua, l’ex presidente del RPR durante tutto questo tempo si è sempre dichiarato innocente e la stessa procura aveva chiesto il proscioglimento di tutti gli imputati, fra in quali figura Jean De Gaulle, nipote del generale De Gaulle e anch’egli condannato. Ma le cose hanno preso una piega evidentemente diversa.
Tra plausi e polemiche, il caso ha riempito le prime pagine di tutti i giornali d’Oltralpe. Le Monde si domanda quanto possa alla fine dei conti essere interessante un processo in cui l’imputato principale non ha mai partecipato alle udienze e mette in dubbio i presunti problemi di amnesia certificati dal medico. Le Figaro, dal canto suo, pubblica un dossier completo sulla vicenda Chirac. Con il video-editoriale di Christophe Barbier L’Express, invece, insiste sulla polemica attualmente calda in Francia sulla durata del processo. Mentre Libération sottolinea come questo processo attesti l’indipendenza della magistratura, il settimanale conservatore Le Point definisce la sentenza “dura ma giustificata”.
Le manette scattate per Chirac segnano un primato in Francia: quello di un Président de la République condannato dalla Giustizia. Questo malgrado abbia fatto di tutto per evitare di comparire davanti al giudice (vedi il settembre scorso), compresa l’udienza di stamani, apportando perfino un certificato medico attestante dei problemi neurologici gravi ed irreversibili che gli hanno permesso uno sconto dell’80% della pena. Pare infatti che l’ex presidente sia affetto da una forma di Alzheimer e abbia frequenti vuoti di memoria.
Insomma, le reazioni al verdetto di colpevolezza contro uno dei più amati presidenti della Quinta Repubblica sono contrastanti. Soprattutto perché da exempla della classe dirigente francese è diventato il primo esempio di presidente condannato dai tempi della Seconda Guerra Mondiale. Senz’altro però, questo processo si carica di un alto valore simbolico e politico: l’uguaglianza davanti alla legge in un Paese, la Francia, dove la magistratura ha sempre avuto un occhio di riguardo nei confronti della politica.