Con la morte di Muammar Gheddafi inizia la caccia al “suo” tesoro

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Con la morte di Muammar Gheddafi inizia la caccia al “suo” tesoro

22 Ottobre 2011

La ‘campagna di Libia’ finirà il prossimo 31 Ottobre. Lo ha comunicato il segretario della Nato Rasmussen. Con la morte di Muammar Gheddafi finisce un’era fatta di stravaganze, di eccessi, di crudeltà, di carisma. Finisce una dittattura. Rimane un corpo senza vita, senza un capezzale di familiari, uccisi o in esilio.

La tribù alla quale apparteneva l’ex leader libico Muammar Gheddafi sta chiedendo con insistenza al Consiglio nazionale transitorio (Cnt) di consegnare a loro la salma del colonnello per poterlo seppellire a Sirte, sua città natale, in base a quanto prevedono i precetti islamici. La salma non sarà soggetta ad autopsia.

"Non ci sarà autopsia, nè oggi, nè in un altro giorno. Nessuno aprirà il corpo" di Gheddafi, ha detto un portavoce dei militari del Consiglio di Misurata, Fathi Bachagha.

La dinamica dell’incidente prende sempre più corpo, ma il mistero si infittisce sul momento della morte del colonnello, visto che è stato catturato vivo. Quel che è certo è che un convoglio di 15 mezzi, ove a bordo di uno dei quali stava Gheddafi, avrebbe imboccato la via verso Ovest. Ma non sarebbe però andato molto lontano. Intercettato da velivoli francesi, il convoglio sarebbe stato colpito. Cinquanta lealisti sarebbero stati uccisi.

Un Gheddafi ferito – assieme a un manipolo di fedelissimi – e scampato agli attacchi aerei francesi, avrebbe trovato rifugio in due condotte fognarie vicine al luogo dell’attacco. Inseguito a terra da miliziani del Cnt, è stato arrestato, le guardie del corpo del raìs uccise sul posto.

Secondo Salem Bakeer, un miliziano del Cnt presente alla cattura, appena tratto in arresto Gheddafi avrebbe affermato: "Cos’è che non va? Cos’è che non va? Che succede?".

Dal luogo dell’arresto –  sempre secondo la ricostruzione di Bakeer – il raìs già ferito da colpi di arma da fuoco a una gamba, sulla schiena, e alla testa. Il colonnello sarebbe stato condotto con un’ambulanza verso l’ospedale di Misurata.

Secondo una prima ricostruzione, che aveva convinto pochi, l’ambulanza si sarebbe venuta a trovare in mezzo a una sparatoria tra lealisti e milizie del Cnt. In quel frangente il colonnello sarebbe stato fatalmente colpito da una pallottola in testa. La morte sarebbe sopraggiunta pochi minuti prima di raggiungere l’ospedale.

E’ da qui in poi, però, che la vicenda si fa meno chiara. Un video amatoriale, filmato forse da un miliziano del Cnt e tra ieri e oggi in onda su tutti i network del mondo, mostra un Gheddafi senza vita trascinato in terra, calpestato, insanguinato. Quando è stato girato questo video? Dopo la fortuita sparatoria che è costata la vita al raìs? Oppure Gheddafi è stato freddato già attorno alle due condotte fogniarie? 

Qualore così fosse, chi avrebbe sparato? Il giovane Mohammed el-Bibi, il diciottenne la cui immagine con in mano la pistola d’oro del raìs libico ha fatto il giro del mondo? O forse un membro della scorta di Gheddafi, pronto a uccidere il suo padrone come estremo gesto di ‘fedeltà’ al Cnt per aver salva la pelle? Impossibile chi abbia inferto il colpo mortale al colonnello.

Una vicenda poco chiara, e sulla quale forse non sarà mai fatta chiarezza (ne sappiamo qualcosa noi italiani che a distanza di sessantasei anni non possiamo ancora affermare con assoluta certezza in quali precise circostanze, e da chi, sia stato ucciso Benito Mussolini).

Quanto alle scomposte reazioni di molti leader politici, Hillary Clinton in testa con il suo "Wow!", commenta la morte del raìs anche il nunzio apostolico in Libia, monsignor Tommaso Caputo: " Non si può mai ‘gioire’ dinanzi alla morte di un uomo, evento di fronte al quale deve sempre prevalere la pietà". "Di fronte alla morte di un uomo – ha detto l’ambasciatore del Papa ai microfoni della Radio Vaticana – devono sempre prevalere i sentimenti di pietà cristiana oltre che umana. Non si può quindi gioire per un epilogo, la morte del colonnello Gheddafi, che si inquadra ancora nel segno di un conflitto che si è protratto per un lungo periodo e che ha causato il sacrificio di molte vite umane".

E’ notizia di queste ore che l’ex raìs egiziano, Hosni Mubarak sia scoppiato in lacrime quando gli è stata mostrata l’immagine del corpo di Gheddafi. Ha avuto una vera e propria crisi isterica l’ex presidente egiziano quando, dal suo letto d’ospedale, ha visto le foto di Muammar Gheddafi insanguinato e poi esanime, ucciso dai miliziani del Consiglio nazionale transitorio libico a Sirte il 20 Ottobre.

Lo riferiscono fonti mediche dell’ospedale militare del Cairo dove l’ex presidente egiziano è ricoverato mentre è in corso un processo contro di lui per aver ordinato di sparare contro i manifestanti a Piazza Tahrir. La reazione di Mubarak alla vista delle foto del cadavere di Gheddafi ha richiesto l’intrevento dei medici, che gli hanno somministrato dei calmanti, come riferisce il giornale egiziano el-Fagr sul suo sito Internet.

Per mons. Caputo, in Libia "in questo momento più che mai deve farsi strada da ogni parte la sincera volontà di assicurare a tutto il Paese tempi davvero nuovi all’insegna di una ritrovata concordia sociale. E nel momento in cui si pone mano alla ricostruzione del Paese a tutti i livelli, a cominciare dall’assetto statale, l’obiettivo di una riconciliazione nazionale appare come la possibilità unica e irripetibile alla quale legare l’esigenza di una giustizia sociale e l’esigenza del rispetto, della dignità di ogni persona, come premesse essenziali per un ordinato ed equo sviluppo sociale". La convinzione del nunzio, comunque, "è che nel cuore dei libici vi siano desideri di pace e di concordia e ciò lascia certamente ben sperare per il futuro".

Con la morte del rais libico Muammar Gheddafi e con la conseguente ‘liberazione’ del paese che dovrebbe essere proclamata a Tripoli domani, il Consiglio nazionale di Transizione (Cnt) conta di recuperare tutti gli asset libici congelati all’estero. Un patrimonio complessivo che, secondo stime americane, si aggirerebbe sui 150 miliardi di dollari. Ma la reale entità del patrimonio personale e familiare di Gheddafi resta ancora incerta e, dal Regno Unito agli Usa, rintracciare tutte le ricchezze del colonnello risulta un’impresa ardua.

Secondo la ‘Cnn’, valgono oltre 37 miliardi di dollari gli asseti libici congelati negli Stati Uniti, dei quali circa 700 milioni sono già stati restituiti al Cnt. Sono 18 miliardi, secondo il ‘Telegraph’, quelli congelati da Londra, tra cui una partecipazione alla casa editrice Pearson, che pubblica il ‘Financial Times’. Intorno ai cinque miliardi, al momento del congelamento, il valore di quelli in Italia, tra cui partecipazioni in UniCredit, Eni e Juventus.

Grossi numeri anche in Canada, Svizzera, Francia, Austria e altri paesi dell’Ue. Ma nell’intreccio tra patrimonio del regime e della famiglia, le cifre complessive sarebbero molto più alte. La Libyan Investment Authority (Lia), il fondo sovrano di Tripoli dal valore di circa 60 miliardi di dollari tra conti e partecipazioni nei nomi più importanti della finanza mondiale, è stata finora il più importante veicolo di fondi libici da e verso il mercato internazionale, ma era anche usato dai Gheddafi come una sorta di banca di famiglia, a volte con operazioni fallimentari.