Con la vittoria in Texas la sfida tra Romney e Obama può iniziare davvero

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Con la vittoria in Texas la sfida tra Romney e Obama può iniziare davvero

01 Giugno 2012

 

Mitt Romney, l’unico candidato Repubblicano ancora in piedi nella corsa alla nomination del GOP, ha raggiunto finalmente i 1.144 delegati necessari per farsi incoronare sfidante ufficiale di Barack Obama in Florida il prossimo Agosto.

Romney lo ha fatto lo scorso 29 Maggio con la vittoria delle primarie Repubblicane in Texas, lo stato americano governato da Rick Perry, suo ex – sfidante per la nomination. Con la consacrazione di Romney, inizia ufficialmente la campagna presidenziale che porterà Romney e Obama ad affrontarsi il prossimo 6 Novembre, compresi dei tre dibattiti televisivi che precederanno il vero e proprio l’election day.

I due candidati continuano a raccogliere fondi. Secondo Karl Rove, “the architect”, ex-consigliere di Bush, quel miliardo di dollari che la Casa Bianca soffiò alla rete Abc come cifra obiettivo della campagna del presidente Obama nella raccolta fondi, non verrà raggiunta. L’”architetto” considera cifra plausibile poco meno di 700 miliardi di dollari.

Da più parti, si considera che la corsa tra i due si deciderà in una manciata di Stati, chi dice dieci, chi meno. Joe Trippi, ex-manager di campagne elettorali e esperto di comunicazione, considera che la vera sfida si giocherà al massimo su tre o quattro Stati principali: Ohio, Virginia, Florida e forse Pennsylvania. In America, anche tra i commentatori più apertamente schierati a fianco dei Democratici, v’è ampio consenso nel ritenere che la battaglia tra Obama e Romney sarà al filo di lana.

Quanto al lato propagandistico s’è ancora entrati nel vivo di queste elezioni presidenziali. Per il momento le schermaglie tra i due team elettorali passano essenzialmente per la messa in linea e la trasmissione degli ads, gli spot negativi contro l’avversario, pagati dai super Pac, i super political action committee, i bracci armati di Romney e Obama. Da parte del team elettorale d’Obama, si gioca la carta blue-collar, colletto blu “Romney, capitalista vampiro che succhia il sangue degli onesti lavoratori”.

Nel campo di Romney e del suo team s’intende attaccare – forse più propriamente – il presidente Obama per i risultati (esigui) in materia economica: dal fallimento del piano di stimolo da un trilione di dollari, al debito federale aumentato di 4 trilioni in tre anni, passando per al riforma sanitaria voluta da Obama, fino alla disoccupazione alta.

La narrativa sarà molto simile a quella messa in campo da Ronald Reagan alle elezioni presidenziali del 1980, nel suo messaggio di chiusura – “Are you better off” – al dibattito che lo opponeva a Jimmy Carter, il presidente Democratico uscente. Il tempo ci dirà se sarà una strategia pagante e se Obama si presenterà smunito alle prossime presidenziali come lo fu Carter dopo il suo unico e solo mandato.

A giocare in favore di Mitt Romney potrebbe essere anche una felice scelta del candidato vice. Un nome molto gettonato sulla stampa statunitense è quello di John Thune, il quale in un segmento informativo ha fatto capire che non si tirerebbe indietro da un’eventuale corsa come candidato alle vice-presidenza accanto a Mitt Romney. Rimane in ballo anche il nome di Marco Rubio, l’astro nascente del Gop e senatore dalla Florida.

Rimane l’incognita della capacità di connettere verbalmente di Romney. Il presidente Obama ha dimostrato, con il suo messianismo progressista del 2008, d’essere un abile oratore e di saper suscitare ‘grandi speranze’. Si tratta di capire se Mitt Romney sarà in grado di creare una narrativa altrettanto potente per riportare gli indipendenti a votare Repubblicano.

Questo è la vera sfida che deve vincere Romney, fatto salvo l’handicap del partito Repubblicano a creare reti di mobilitazione che, nonostante un mandato obamiano considerato deludente dalla base progressista, i Democratici sono in grado di costruire meglio. Come l’ha messa Joe Trippi: “It’s the network, Stupid!”.