Con l’arrivo di Hollande l’adesione della Turchia all’Ue torna d’attualità

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Con l’arrivo di Hollande l’adesione della Turchia all’Ue torna d’attualità

19 Maggio 2012

Per una Grecia che rischia l’uscita dall’euro, una Turchia che potrebbe entrare nell’Ue. Una prospettiva irrealistica fino a pochi giorni fa, per la dichiarata opposizione dell’ex-presidente francese Nicolas Sarkozy a estendere lo status di membro a un Paese a maggioranza islamica.

Non è un caso che Ankara abbia salutato con favore l’insediamento all’Eliseo di François Hollande. L’asse Sarkozy–Merkel era contrario all’allargamento alla Turchia retta dal primo ministro Recep Tayyip Erdogan, il leader islamista dagli accenti neo-ottomani. Il nuovo inquilino dell’Eliseo, François Hollande ha già dichiarato che nella sua lista delle priorità sta un ridimensionamento del monopolio franco-tedesco nel processo decisionale europeo.

Una scelta carica di sottintesi per nazioni in crisi fiscale come Spagna e Italia e per aspiranti europee come la Turchia. Inoltre, la vittoria di Hollande potrebbe essere notevolmente politicizzata: l’ascesa di un socialista all’Eliseo dopo quasi trent’anni è stato salutato da alcuni portiti politici europei e italiani come “un vento di novità”. Sul piano politico, la famiglia socialista europea è generalmente a favore dell’entrata della Turchia nell’Ue.

L’Italia istituzionale è uno dei principali partner politici della Turchia. La settimana scorsa, dopo l’incontro con Erdogan a Roma, il premier Mario Monti ha dichiarato che l’ingresso della Turchia in Europa “potrà portare un valore aggiunto economico, geopolitico, strategico, culturale a una Europa anziana demograficamente, stanca”. Un appoggio “alla piena adesione della Turchia all’Ue”, dimostrato anche dalla discussione e firma di molteplici accordi economici tra le due nazioni nel corso dello stesso incontro. Un sostegno che s’inserisce in piena continuità con la posizione dei vari governi Berlusconi.

Un primo segnale della riapertura dei canali è l’ufficializzazione della visita ad Ankara del commissario europeo all’allargamento, Stefan Fule, che ha dato un nuovo impulso alle trattative. Fule ritiene che l’ingresso della Turchia in Ue darà “un nuovo dinamismo e un nuovo slancio alle nostre relazioni dopo un periodo di ristagno, fonte di frustrazione per le due parti”. Fule ha proposto ieri alla sua controparte turca, il ministro agli affari europei e capo negoziatore Egemen Bagis, la costituzione di una “agenda positiva”, in grado di “completare e sostenere il processo dell’adesione” della Turchia all’Unione Europea, attraverso l’allineamento con le norme comunitarie europee sui diritti fondamentali, i visti e l’immigrazione, il commercio, l’energia, l’antiterrorismo e il confronto sulla politica estera.

Dal punto di vista turco, l’ingresso in Europa garantirebbe un nuovo e notevole impulso alla vita commerciale del Paese, che godrebbe di un enorme allargamento dei propri mercati, oltre alla possibilità di accedere ai fondi europei destinati alla creazione di nuove infrastrutture e reti di trasporto, necessarie alla Turchia per consolidare il proprio ruolo di potenza economica.

Di fatto, la Turchia di oggi è un Paese che gode di una buona salute sulla finanza pubblica (il debito pubblico era al 48% nel 2009), con un ritmo di crescita economica per l’anno 2011 dell’8,5% e un posizionamento al sedicesimo posto nella classifica delle economie mondiali per volume di Pil.

Anche a livello politico, la situazione appare stabile, nonostante il partito di Erdogan, il Partito per la giustizia e lo sviluppo (Akp), abbia riportato nell’ultra-laica Turchia un islam dai forti accenni politici. Come scordare la dichiarazione del Primo ministro Erdogan, che interrogato sull’esistenza dell’islam moderato, rispose: “L’islam è l’islam, punto e basta”. Fece anche molto scalpore la comparsa in Parlamento con il velo della sig.ra Emine, moglie di Erdogan.

Inoltre, la Turchia di Erdogan mantiene un rigido controllo sull’informazione: un centinaio di giornalisti sono ancora imprigionati nelle carceri turche, a causa della loro avversione al governo in carica.

In tema di politica estera, il cammino effettuato da Erdogan dalla sua elezione a oggi è stato impressionante. Da sempre tenuta in alta considerazione dagli Usa per il suo posizionamento, la Turchia di oggi ha enormemente esteso la sua area di influenza internazionale. Dai Balcani, con la Bosnia Erzegovina, si arriva fino alla Cina e al Turkmenistan, dove Erdogan è riuscito a guadagnarsi la stima di parte della popolazione dello Xinjiang, per il suo sostegno all’etnia uigura, che vive una difficile convivenza con l’etnia cinese han presente nella stessa regione. La Turchia si è anche assicurata nel corso degli anni una fitta rete di relazioni commerciali e politiche con i suoi immediati vicini, Russia, Iraq, Siria e Iran.

La Turchia si presenta quindi come una scommessa per l’Europa, che dovrà valutare attentamente i pro e contro di una eventuale adesione di quella che sarebbe la prima nazione a maggioranza islamica ammessa a membro dell’Unione europea. L’ex cancelliere tedesco Helmut Kohl, nel 1997 pronunciò la famosa frase “la Comunità Europea è un club cristiano”, proprio osteggiando l’ingresso della Turchia in Ue, scatenando un putiferio. I tempi sono cambiati?