Con lo ‘scambio Shalit’, Hamas prova di nuovo a mettere nell’angolo Abbas
13 Ottobre 2011
di E.F.
Ci mancavano solo le proteste di alcuni membri del movimento islamista Hamas, critici sul contenuto dello scambio reso pubblico l’altro ieri il quale prevede lo scambio Gilad Shalit per 1027 pluri-assassini, e questo perché non sarebbero stati liberati ‘macellai’ del calibro di Marwan Barghouti e Ahmad Sa’adat.
L’altra ‘chicca’ della giornata è la dichiarazione del portavoce dell’ala militare di Hamas, Izzadin Kassam, il quale avrebbe affermato – secondo il Jerusalem Post – che Gilad Shalit “non sarà l’ultimo soldato rapito da Hamas, fintantoché Israele continuerà a detenere prigionieri palestinesi”.
A parte la chiara forzatura nell’uso del termine ‘prigionieri’ (in Israele il detenuto subisce un giusto processo, non fanno stare gli ‘arrestati‘ per ben cinque anni senza libertà perché ‘palestinese’: questa la sorte che per converso è invece toccata a Shalit), tutto ciò la dice lunga con quale genere di interlocutori Israele si ritrovi a dover negoziare.
Il governo Netanyahu, e con esso i vertici dello Shin Bet, del Mossad e delle IDF difendono il patto con gli islamisti. Ovviamente il governo di Gerusalemme ha il diritto – dovere di segnalare al mondo che il governo dello Stato ebraico non lascia nessuno indietro: ogni soldato, vivo o morto, torna sulla terra di Israele.
Comunque si giudichi lo ‘Shalit swap’, lo ‘scambio Shalit’, la leadership di Hamas è riuscita, in sole tre mosse, a neutralizzare la politica onusiana di Abu Mazen, che solo tre settimane or sono, avevano reso il leader dell’Anp una specie di rock star pan-araba, accolto a Ramallah come un Freddy Mercury redivivo.
Il leader di Hamas, Khaled Meshaal, il capo politico ancora per poco di base a Damasco (in direzione Cairo, ora che la capitale egiziana è diventata ‘amichevole’ nei confronti della Fratellanza?) ha aperto agli Americani, vedi l’accordo con Panetta, ha negoziato la liberazione di mille detenuti, e ha tolto tutti i riflettori mediatici ai vertici dell’Anp.
Questo gli consentirà di ottenere un capitale politico potenzialmente grande ora che migliaia di famiglie potranno festeggiare il ritorno di detenuti palestinesi. Meshaal ha nuovamente lanciato una scalata al governo di Abbas in Cisgiordania.
In questa chiave si deve leggere l’apertura del capo di Hamas in favore di Shalit. E’ la contromossa, nella grande partita a tre Israele – Fatah – Hamas, della leadership islamista contro Fatah per la guida della ‘causa’ palestinese. Deve essere stato questo il pensiero di Meshaal: “A te muovere, Abbas!”.