Con l’uscita di Santorum inizia la guerra dei sondaggi Obama-Romney

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Con l’uscita di Santorum inizia la guerra dei sondaggi Obama-Romney

13 Aprile 2012

Diceva Churchill che la statistica è l’arte di mentire con esattezza, un’affermazione probabilmente azzardata ma che a una più attenta analisi forse potrebbe anche rivelarsi non del tutto errata. E’ quanto appare evidente, ad esempio, quando si esaminano i sondaggi elettorali riguardanti le prossime elezioni presidenziali americane, i cui effetti, ovviamente, non possono non riguardare da vicino anche il nostro Paese. Sondaggi che, come riportano ormai da mesi i maggiori quotidiani italiani, darebbero in netto vantaggio il Presidente Obama tanto da spingerli ad affermare che la corsa alla Casa Bianca sarebbe già finita con sette mesi d’anticipo.

In realtà, le cose si presentano in maniera quantomai differente da quello che viene prospettato. E per questo è sufficiente riportare i dati del sondaggio realizzato pochi giorni fa dal “Washington Post” e dal network televisivo ABC in base al quale Barack Obama avrebbe un vantaggio di sette punti ( 51%-44% ) nei confronti dello sfidante Repubblicano Mitt Romney. Ebbene, se quell’indagine fosse stata letta attentamente, sarebbe emerso fin dall’inizio come la sua attendibilità appariva compromessa dalla sovraestimazione degli elettori Democratici, che nel campione risultavano superare i Repubblicani di ben undici punti percentuali, una fotografia dell’elettorato che non risponde minimamente all’attuale realtà politica statunitense.

E questo per due ragioni. La prima è che oggi la quota di elettori che si definiscono come Democratici e Repubblicani è pressoché identica e pari a poco più del 36%, mentre la seconda è che un simile spostamento a favore del Partito Democratico non si è mai verificato nemmeno nei momenti in cui il “Grand Old Party” ha attraversato le sue crisi peggiori, basti pensare che in occasione delle dimissioni di Nixon nel 1974 ed al momento delle elezioni presidenziali di quattro anni fa il vantaggio dei Democratici era pari a sette punti, ben lontano dunque dagli undici riportati nel sondaggio.

A conferma di questa affermazione, basterà ricordare che nelle rilevazioni dove il campione risulta più equilibrato – è il caso, ad esempio, di “Rasmussen Report” – tra Obama e Romney vi sia una sostanziale parità. Ed in proposito, non pochi commentatori statunitensi in questi giorni hanno sottolineato non solo l’inesattezza di diverse rilevazioni ritenute troppo sbilanciate a favore della Casa Bianca ma anche come alcuni pollsters stiano utilizzando i sondaggi per cercare di influenzare in qualche modo l’elettorato. Analizzando più a fondo l’inchiesta appare inoltre evidente come la posizione di Obama sia molto più debole di quanto si pensi. In un sondaggio apertamente sbilanciato a favore del partito Democratico, Romney viene reputato più credibile del Presidente quando si domanda chi abbia le maggiori capacità per rilanciare l’economia, gestire il bilancio federale ed amministrare la politica energetica, tre “top issues” la cui importanza è decisiva nella campagna elettorale.

Altrettanto negativa appare la visione sull’economia americana ritenuta in recessione per il 76% degli intervistati, un dato che non indica certo fiducia nei provvedimenti adottati finora dalla Casa Bianca per far uscire il Paese dalla crisi. Ma vi è un altro punto deve essere sottolineato quando si esaminano i sondaggi, ovvero la differenza tra “Votanti Registrati” (Registered Voters) e “Votanti Probabili” (Likely Voters), un particolare che a prima vista sembrerebbe trascurabile ma che in realtà invece è quantomai rilevante. Al contrario di quanto accade in Europa dove tutti i cittadini a cui è attribuito l’elettorato attivo possono recarsi ai seggi, negli Stati Uniti per prendere parte alle elezioni è necessario “registrarsi” osservando una serie di procedure fissate dai diversi Stati dell’Unione. Sotto la sigla “Registered Voters” sono quindi inclusi tutti i cittadini registratisi per poter partecipare alle consultazioni, inclusi quindi gli elettori più giovani nonché quelli appartenenti alle minoranze nazionali, due categorie risultate determinanti per il successo di Obama quattro anni fa.

Ebbene, se si osservano i sondaggi in cui vengono presi in esame i “registered voters”, Obama appare sempre in consistente vantaggio in quanto nella rilevazione il voto di ispanici, asiatici, afro – americani ed elettorato giovanile viene indirizzato verso il Presidente considerando il loro orientamento per i Democratici espresso nella passata elezione, mentre se al contrario si passa invece ad osservare le rilevazioni basate sui “Likely Voters” si evidenzia come Obama sia in parità – o alcune volte addirittura in svantaggio – nei confronti di Romney in quanto quelle categorie prima indicate il prossimo Novembre potrebbero non recarsi alle urne proprio perché deluse dalla politica presidenziale. La campagna è quindi apertissima, e questo nonostante gli errori compiuti dai Repubblicani nel corso delle primarie ed il carisma non certo trascinante di Romney.

Nessuno, ovviamente, pretende l’assoluta imparzialità nel commentare gli scenari internazionali. Del resto poi appare ormai chiaro come la stampa italiana, al pari di quella di quasi tutti gli altri Paesi europei, sia nettamente schierata a favore di Obama, una scelta questa motivata anche dal fatto che un successo Repubblicano non viene certo visto come un elemento positivo per l’economia europea. Ma certo è che alcuni temi specifici e di grande impatto mediatico, come sono appunto le elezioni presidenziali degli Stati Uniti, andrebbero affrontati e descritti con maggiore accortezza evitando di lasciarsi prendere troppo la mano dalle simpatie politiche.