Con Mirafiori e Pomigliano Marchionne investe nella “Fabbrica Italia”

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Con Mirafiori e Pomigliano Marchionne investe nella “Fabbrica Italia”

30 Dicembre 2010

È storico l’accordo raggiunto ieri tra Fiat e sindacati. La principale azienda produttiva italiana, grazie al suo amministratore delegato Sergio Marchionne, è riuscita in meno di un anno a dare un impulso al cambiamento nei rapporti industriali e sindacali.

Pomigliano d’Arco non è dunque solo il primo stabilimento italiano della casa automobilistica torinese nel quale è raggiunto un accordo a livello locale, ma è una rivoluzione.

Questa “rivoluzione Marchionne” è stata fortemente voluta dall’Ad di Fiat che anche per questa ragione è chiamato “l’americano”. Molte volte questo termine è usato in senso spregiativo, ma in realtà Sergio Marchionne, per quanto riguarda i rapporti sindacali, ha fatto in un anno più lui di tanti ministri dello sviluppo economico negli ultimi 30 anni in Italia. Pomigliano d’Arco è solo un piccolo investimento di 700 milioni di euro nel grande progetto ”Fabbrica Italia”, che prevede nel corso dei prossimi anni circa 20 miliardi di investimenti per aumentare la produzione. Perché i cambi raggiunti tra Fiat e tutti i sindacati ad eccezione della Fiom possono dirsi rivoluzionari?

Fiat esce dallo schema Confindustriale e dalla logica di un contratto unico. Si legano maggiormente i destini degli operai di uno stabilimento alla produttività dello stesso. Lo stipendio medio aumenterà grazie all’aumento della produttività e cambieranno i turni di lavoro. Le pause diminuiranno di 10 minuti, mentre aumenterà la possibilità di fare gli straordinari fino ad un massimo di 120 ore dalle attuali 40.

Se la produzione della Nuova Panda andrà bene, ci sarà maggiore lavoro che verrà pagato maggiormente.In sintesi è un accordo dove la maggiore produttività viene pagata maggiormente ai lavoratori, ma in cambio Fiat chiede maggiore flessibilità. L’arrivo della Nuova Panda a Pomigliano d’Arco è essenziale per lo stabilimento campano; si tratta di una contro-delocalizzazione. Tale modello era prodotto a Tichy, in Polonia, dove la casa automobilistica produceva circa 600 mila veicoli, lo stesso numero dell’intera produzione italiana, con circa un terzo degli operai presenti in tutta Italia.

Nella scorsa primavera Sergio Marchionne aveva proposto questo patto ai sindacati per far crescere Pomigliano d’Arco. Tutte le sigle, ad eccezione della Fiom, erano sostanzialmente d’accordo. A distanza di meno di un anno e dopo un referendum nel quale la Fiom era uscita sconfitta, è pronta a partire la Newco dove confluiranno i nuovi contratti.

In meno di un anno Sergio Marchionne è riuscito a far capire all’Italia come dovrebbe essere un sistema produttivo moderno. Gli accordi di secondo livello e l’uscita da un contratto unico nazionale sono un grande passo in avanti. In Germania, il primo Paese produttore di automobili con dei volumi 10 volte superiori a quelli italiani, i contratti aziendali sono ormai la norma. Oltre il 40 per cento dei contratti non segue più il contratto nazionale.

Gli stabilimenti e i lavoratori non sono tutti uguali; questo è un concetto chiave che non è mai stato presente nella cultura italiana e solo “l’americano” è riuscito a far comprendere. Il futuro di Fiat in Italia dipende molto dalla comprensione dei sindacati di questo nuovo modello, che esce dai classici schemi lavorativi , presenti in Italia per troppi anni.

Il progetto “Fabbrica Italia”, del quale Pomigliano d’Arco e Mirafiori fanno parte, sono essenziali per non solo per Fiat, ma per l’Italia intera. Nell’ultimo decennio la produzione di veicoli nel nostro Paese si è dimezzata e nel 2009 è stato raggiunto un livello inferiore alla Repubblica Ceca. Il mercato automotive diventa sempre più globale e competitivo e questo Marchionne lo ha compreso bene.

Andare in America ad acquistare Chrysler puó non essere sufficiente. È essenziale crescere in Brasile, dove è stato appena firmato un accordo dell’ex presidente-sindacalista Lula e nei mercati emergenti, dove Fiat continua ad avere una posizione di debolezza. Fiat tuttavia ha bisogno di aumentare la produttività italiana in modo da eliminare le perdite che il nostro Paese provoca al gruppo automobilistico.

Se l’Italia vuole competere sul panorama globale, deve andare verso un modello “Marchionne”, dove la flessibilità e la produttività sono compensate da maggiori salari, e non fermarsi al conservatorismo della Fiom e di alcuni partiti politici.