Con Parisi nel centrodestra tornano politica e competenza
02 Agosto 2016
Siamo sinceramente contenti dell’attivismo di Parisi. E siamo convinti che non si farà ingabbiare nei tentativi di ridurlo a portabandiera di vecchie istanze e logiche, comprendendo che il vecchio centrodestra è completamente da rifondare nel metodo, nel merito ed anche, in alcuni casi, nelle persone. Il problema principale non è rivitalizzare quel partito piuttosto che fondarne un altro ma, semmai, innanzitutto, di iniziare, una volta tanto, a preoccuparsi del contenuto prima che del contenitore.
Infatti, prima di ogni passaggio di questo tipo bisogna porre delle solide premesse che non possono prescindere, perlomeno, da due considerazioni fondamentali: 1) il mondo dal 1994 è radicalmente cambiato; 2) un serio processo di rifondazione di un area politica non può fare a meno di aprire un serrato dialogo con il proprio potenziale elettorato. Non prendere nella giusta considerazione queste evidenze ci farebbe, per l’ennesima volta, ripiombare in quella serie di assiomi lapalissiani ma, nel contempo, assolutamente fuori contesto, per cui “uniti si vince, divisi si perde”.
Insomma, la brillante rivisitazione politica di quella pubblicità per cui, in un inglese a dir poco maccheronico, “du IS meglio di One”, tralasciando il non trascurabile fatto che, dal 2008 ad oggi, il centrodestra ha, più o meno, perso 10 milioni di voti. Scusate se è poco. La prima affermazione di cui sopra ci deve essenzialmente spingere a capire che l’Italia e l’Europa devono cambiare passo, devono sapersi assumere nuove responsabilità e questo implica presa di coscienza e politiche conseguenziali. L’alternativa è rimanere schiacciati da ciò che, per comodità, ipocrisia e vigliaccheria, le classi dirigenti politiche, tutte prese dall’oggi e dal consenso nell’immediato, si rifiutano di vedere.
Abbiamo bisogno di una politica che, uscendo dalle polemiche da cortile abbia il coraggio di guardare più in là nel tempo, in prospettiva. Per fare questo abbiamo bisogno di uomini e donne di valore, non di personaggi da operetta il cui unico scopo è andare in televisione per rubare 5 minuti di immeritata notorietà. Con questa logica si è alimentata una classe dirigente politica di battutisti, improvvisatori dell’ultima ora, in un circuito vizioso dove mass media e “politici”sempre più improbabili, nel nome dello spettacolo, hanno indecorosamente di continuo strizzato l’occhio l’uno all’altro, contribuendo allo sfascio attuale. E’ ora di dire basta a tutto questo.
Le polemiche di rimando interessano sempre meno. Il rimpallo delle responsabilità è un gioco che deve avere un suo termine perché i problemi così non trovano risposte, anzi, nel tempo perso divengono sempre più gravi. Le persone vogliono chiarezza e soluzioni. La seconda evidenza, strettamente connessa alla prima, impone una capacità di dialogo che deve puntare alla creazione di un vero e proprio cantiere delle idee e del confronto che,andando al di là della politica ufficiale, coinvolga i cittadini, le associazioni, i comitati, tutto ciò che si muove nel tentativo di dare riferimenti, risposte, soluzioni.
Aprire una grande fase di ascolto e dibattito che riesca, al di là dei canali ufficiali della politica a porre al centro della vita del paese i temi che riteniamo d’importanza strategica. Ricordate la Lega del Federalismo? Era una piccola forza estremamente dinamica che, in virtù di questa sua capacità ed all’abilità di ascoltare ciò che il suo potenziale elettorato desiderava, impose come argomento politico centrale quello delle autonomie. Oggi noi abbiamo delle evidenti emergenze che richiamano problemi enormi, in alcuni casi epocali, rispetto ai quali bisogna immaginare soluzioni capaci di rompere i soliti inutili ping pong, spesso figli di posizioni ideologiche o dell’istinto, della pancia. Non abbiamo bisogno di questo, ma di analisi su cui rifondare un progetto credibile.
Perché politica vuol dire relazionarsi e decidere. E decidere non può semplicemente essere, come pensa qualcuno, semplice recepimento di ciò che proviene dal basso, ma valutazione sulla base di una visione, di un progetto. Non può esistere una conduzione della cosa pubblica “last minute”. La politica, il governo non sono la pesca delle occasioni. Per uscire da questo pericolosissimo avvitamento bisogna compiere un forte salto di qualità che rompa un confronto al ribasso che rischia di premiare sempre il protagonista peggiore di questo assurdo gioco. Questa deve essere la nostra scommessa.
Una via difficile, in salita, ma che non ha alternative. Un cammino fatto di tanti uomini e donne che credono che la realtà si cambia non con i personalismi, la demagogia piuttosto che le boutade o le ideologie preconfezionate, ma con il lavoro, la competenza, il radicamento mirato alla realizzazione di un progetto, il gioco di squadra. E noi crediamo che tutto questo sarà sempre più evidente, più intellegibile. L’importante, sarebbe imperdonabile, sarà non farsi cogliere impreparati.