Con una sinistra così intollerante una cultura condivisa non è possibile

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Con una sinistra così intollerante una cultura condivisa non è possibile

11 Agosto 2009

La società della comunicazione è una specie di animale feroce che divora le notizie. Sono sufficienti pochi giorni perché quanto appariva in prima pagina sui maggiori quotidiani finisca presto nel dimenticatoio. Nessuno parla più, infatti, dell’ultima in ordine di tempo aggressione ad un ministro della Repubblica, davanti alla stazione di Bologna, il 2 agosto scorso. Si vuole forse attendere un altro anno per ragionare non solo sul da farsi in questo caso, ma anche per riflettere sul clima d’intolleranza di cui è protagonista la sinistra?

Quando una nazione è talmente divisa da non ritrovarsi insieme a festeggiare le ricorrenze della sua storia è bene prenderne atto e trarne le conseguenze. Le vittime della strage del 2 agosto 1980 non sono state colpite perché avevano in tasca delle tessere di partito. Peraltro i partiti di allora oggi non esistono più: o sono scomparsi o hanno cambiato tante volte identità che hanno fatto perdere le proprie tracce. Erano persone comuni che attendevano in una sala d’aspetto di seconda classe, alla Stazione Centrale di Bologna, i treni che li avrebbero portati a destinazione. Probabilmente – se il destino non li avesse fatti trovare in quel luogo alle 10,25 di quel giorno maledetto – oggi voterebbero più o meno come gli altri italiani. E tanti di loro, nel 2008, avrebbero contribuito alla vittoria del centro-destra. Ecco perché quei gruppi di attivisti di sinistra – che domenica in Piazza Medaglie d’Oro hanno contestato un ministro della compagine di Berlusconi (ovvero del Governo legittimo di questo Paese)  – non hanno alcun diritto di impadronirsi della memoria di quei poveri martiri e di decidere – loro – chi abbia o meno la possibilità di parlare, soprattutto quando il rappresentante del Governo era su quel palco, insieme alle altre Istituzioni, per rispondere ad un preciso invito dell’Associazione dei familiari delle vittime.

Se nella cerimonia del 2 agosto la piazza concede il diritto di parola soltanto ad esponenti e ministri dei partiti di sinistra, mentre quelli di centro destra devono essere lì solo per sottoporsi alla gogna, qualunque sia la loro storia, qualunque cosa dicano o facciano; se i cittadini che partecipano ai riti di quel giorno hanno come principale obiettivo quello di contestare pesantemente e di offendere volgarmente una personalità che ha il solo torto di essere un avversario politico (in quanto tale meritevole non solo di critiche, ma di odio irriducibile, di disprezzo e beffa), non resta allora che prenderne dolorosamente atto soltanto in un modo: nel trentennale della strage, l’anno prossimo, vi lasceremo la piazza, la cerimonia, le bandiere e gli striscioni, i comizi, i fischi e le pernacchie.

Quei caduti, quei nostri caduti, quei morti di noi tutti, il centro destra li commemorerà per conto suo. Con proprie iniziative, sicuri che nell’Aldilà nessuno protesterà. Perché – come afferma il grande Totò nella poesia ‘A livella’ – i morti sono gente seria, le gazzarre polemiche le lasciano tutte a vivi.  E’ inaccettabile che delle forze di minoranza (alcune delle quali tanto ignorate dagli italiani da non fare più parte delle assemblee elettive) si arroghino il diritto di rilasciare patenti di legittimità costituzionale, appropriandosi con violenza delle piazze, quando viene il momento di ritrovarsi insieme per rinsaldare le radici comuni di un popolo.

E’ vero: una componente costitutiva del Pdl non faceva parte dell’arco costituzionale che ha consentito al Pci di essere un protagonista della vita politica del dopoguerra anche quando i suoi parlamentari si alzavano in Aula inneggiando all’Armata Rossa mentre  massacrava i patrioti ungheresi. Ma An ha reciso con chiarezza e da tempo il cordone ombelicale con il fascismo. Dal canto suo l’elettorato di Forza Italia è più o meno lo stesso di quei partiti democratici che hanno garantito all’Italia di rimuovere le macerie della guerra, di crescere come un grande Paese civile e di sviluppare la propria economia. Mai come adesso l’Italia potrebbe ritrovarsi intorno a valori comuni, consentendo così alle forze nazionali di contrastare, con l’esempio e l’azione politica bipartisan,  i processi separatisti che covano sotto la cenere.

Ma se la logica continuerà ad essere quella della discriminazione, della <cittadinanza imperfetta>, dell’accusa perenne di usurpare il potere, è ora di ribadire chiaro e forte che il centro destra non si sottoporrà più all’esame di idoneità da parte di tanti <cattivi maestri> prepotenti e intolleranti. Vogliono tenersi anche il 25 Aprile? Si accomodino. Noi faremo approvare una leggina con la quale proclameremo <Festa della Libertà> il 18 aprile, in ricordo di quella radiosa giornata del 1948, quando, sotto la guida della Dc, l’Italia collocò le sue istituzioni nel campo della democrazia.