Con una sola mossa Berlusconi ha domato Tremonti e resuscitato il Pdl
29 Ottobre 2009
di Dolasilla
Il 30 marzo di quest’anno lo spread Bund-Btp ha toccato i 140 punti di differenziale. Fuor di metafora: un titolo decennale della Repubblica di Germania poteva essere collocato quel giorno con la garanzia di un rendimento del 4%, per lo stesso titolo collocato dallo Stato italiano gli investitori chiedevano invece un interesse del 5,4%. Qualcosa come 140 punti in più. Il che ha equivalso per mesi a un’emorragia di alcuni miliardi di euro di interessi da pagare sulla montagna del debito pubblico di 1.760 miliardi di euro. A spanne, una ventina di miliardi in più sui Btp, senza considerare gli altri titoli del debito.
Perché è così caro collocare i titoli del Tesoro italiani? Per molteplici ragioni che i mercati, abituati però a semplificare, riassumono in una parola: fiducia. Il 26 ottobre, il differenziale fra i Bund e i Btp è sceso a poco più di 60 punti base, cioè un risparmio di 80 punti per il Tesoro che paga gli interessi. Un miracolo di Giulio Tremonti? O una politica di bilancio avventata da parte del nuovo esecutivo di centrodestra a Bonn che ha scelto la via del deficit spending per dare vento alla ripresa economica? Un mix delle due cose, a guardare con un minimo di distacco.
Non è un mistero che Giulio Tremonti oltre a nutrire una grande considerazione di se stesso possiede in sommo grado la capacità di convincere gli altri a condividere questa sua opinione. Egli ha governato il debito pubblico con la stessa perizia con cui un navigante attraversa l’istmo di Corinto senza riavvolgere le vele e veloce raggiunge il mare. Per questo, all’uscita dell’Istmo ha pensato bene di bussare alla porta del premier e chiedergli di avere un timone più grande per le mani: magari la nomina a vicepremier. Uno scudo politico, è la spiegazione di Tremonti e dello chaperon politico, Bossi, per difendersi dagli assalti dei colleghi ministri. E da quel Mario Baldassari che pretende di introdurre come un banale emendamento alla Finanziaria una vera e proprio controfinanziaria del modesto valore di 37 miliardi, di cui 20 di tagli.
Poteva Tremonti accettare un simile affronto senza batter ciglio? Poteva far finta di nulla e tirare dritto quando alla Commissione Bilancio del Senato è una fioritura di emendamenti – 1 milione di qua, 3 di là e 5 di sopra – che si insinuano come le tarme su un tessuto pronte a divorarlo?
Berlusconi non ignora il calvario che ogni anno, in autunno, attende il ministro del Tesoro costretto come il tenente Drogo ad asserragliarsi nella Fortezza Bastiani per fronteggiare i tartari della spesa. Tutto giusto, tutto vero. Però Berlusconi non deve esserci andato leggero quando ha incrociato il suo ministro giunto ad Arcore, con quell’alterigia e quel tono ultimativo in cui si alternano accademia e sarcasmo.
Ed ecco allora il secondo miracolo: Berlusconi ha domato Tremonti, lo ha ricondotto a più miti consigli sfoderando l’arma della politica. Di più: del partito.
Ora, immaginare Tremonti presiedere una Commissione ad hoc del PdL che si occupa di politica economica e di bilancio, e impegnarsi a discutere con i suoi colleghi che spesso neppure degna di uno sguardo in Consiglio dei ministri, è un bel vedere. Tremonti presiederà la Commissione, ascolta i giudizi degli altri e poi? Sarà lui a guidare o dovrà accettare la presenza di un navigatore a fianco che di tanto in tanto gli aggiusta la rotta, gli indica una pietra da schivare o il terreno reso insidioso dalla pioggia?
Il terzo miracolo: il PdL è nato, non più solo all’anagrafe politica. Ed è stato Silvio Berlusconi ad attivare i meccanismi del partito, consultando i coordinatori nazionali ma soprattutto annunciando la nascita di una Commissione ad hoc. Non è ancora la cabina di regia, chiesta nella precedente finanziaria dai capigruppo Gasparri e Cicchitto, per migliorare il raccordo fra i gruppi parlamentari e l’esecutivo. Ma è qualcosa che promette di assomigliargli un po’. Tutto sta a vedere come Tremonti guarda a questa creatura: se è un modo per mettergli qualche laccio, non si presenterà neppure alla riunione di insediamento. Se invece la vivrà come un’occasione per costruire un qualche insediamento nel partito, c’è da scommettere che la convocherà quanto prima. Berlusconi ha resuscitato il partito, con soddisfazione di Fini, Tremonti potrà avere la sua tribuna. Insomma, ex malo bonum.