Con Vendola costruire in Puglia è quasi diventato un reato
24 Novembre 2010
Nelle cronache della denuncia dei costruttori edili pugliesi sulla gravissima crisi del settore (mille imprese chiuse in un anno, 20 mila posti di lavoro perduti), con conseguenze pesantissime sull’intero sistema-Puglia, manca un aspetto non secondario della questione, che è la politica urbanistica del governo regionale pugliese.
Intendiamoci, l’assessore Angela Barbanente è un’urbanista di grande competenza, oltre che persona squisita e disponibile. Quel che non funziona è la scuola dalla quale proviene. Una scuola che ha nel prof. Borri un autorevole punto di riferimento e secondo la quale costruire, se non è preferibilmente un reato, è quantomeno un peccato da scongiurare il più possibile. Ne è prova il discorso di insediamento del 2005 di Vendola che diede una raffigurazione particolarmente "tranchant" della questione proclamando – sic et simpliciter – "la fine dell’espansione urbana".
Di qui la tenace e sapiente realizzazione di un reticolo di procedure, di regole, di vincoli e di divieti che rendono quella del costruttore una sorta di fatica di Sisifo, quasi sistematicamente destinata a disperdersi nell’imbuto sempre più stretto di una burocrazia ideologizzata e politicizzata con il cavillo e il “no” sempre in canna. Per di più, questo sistema si combina con una politica giudiziaria non meno proibizionista, all’insegna di una totale incertezza del diritto, che ha per esempio sequestrato mezza Bari in attesa di contraddirsi alla prossima pronuncia e magari anche di fare un’altra inversione a "U" a quella ancora successiva. Tutto ciò, in una sorta di cinica e feroce doccia scozzese sulla pelle di imprese, lavoratori e famiglie in buona fede che nei loro progetti avevano investito sogni e risparmi di una vita.
Di qui la sottoposizione dell’intero territorio regionale a una cappa di sigle dietro le quali, in una selva di vincoli e di procedure, si nasconde sistematicamente la pretesa del potere politico-burocratico di sottoporre al proprio controllo tutto quello che osi aspirare a muoversi, realizzando così per vie traverse il sogno paleo-comunista dell’abolizione della proprietà privata, con quel che ciò comporta anche in termini di libertà civili e di sviluppo economico. Una pretesa che raggiunge il suo acme nella confisca – di fatto sottesa alla "parco-mania" – che ha consegnato all’abbandono e al degrado aree vastissime e di straordinaria qualità.
Di qui la vanificazione del "piano-casa" di Berlusconi attraverso le strettoie soffocanti di una normativa regionale che non hanno consentito di produrre un solo vano in più. Ma serve da esempio anche il sostanziale boicottaggio delle opere pubbliche, all’insegna di quella forma di fondamentalismo oscurantista e reazionario che si auto-qualifica come "ambientalista", che è giunta fino a stoppare in tribunale l’ammodernamento e la messa in sicurezza della Maglie-Leuca, con il rischio consapevole di perdere anche un irripetibile finanziamento della bazzecola di 283 milioni di euro. Certo è che della miserevole quota che la Regione è riuscita a spendere dei fondi comunitari 2007-2013 le opere pubbliche, che avrebbero dovuto esserne le regine trattandosi di fondi "strutturali", hanno fruito soltanto in minima parte.
Quali effetti abbia questo sul lavoro dei pugliesi ce lo dicono le cifre, che collocano la nostra economia nettamente in testa alla classifica della perdita di occupazione negli ultimi due anni. Quelli in cui sono andate a regime le politiche di Vendola.