Con Vendola e Zalone viene fuori la vera Puglia tra paradossi e difficoltà
27 Gennaio 2011
È stato premiato ieri sera a Bari, nella splendida cornice del teatro Petruzzelli, il film “Che bella giornata”, interpretato da Checco Zalone – nome d’arte di Luca Medici – con la regia di Gennaro Nunziante e la produzione di Pietro Valsecchi per Taodue film. La premiazione è avvenuta nell’ambito del Bifestival – Bari international film e tv festival -, la settimana dal 22 al 29 gennaio dedicata a cinema e televisione. Un’iniziativa promossa dagli enti locali con il patronato del Presidente della Repubblica e la collaborazione dell’Università degli studi di Bari.
La premiazione del comico Luca Medici, avvenuta per mano del Presidente della Regione Puglia Nichi Vendola, non poteva che essere l’ennesima occasione per Checco di far ridere tramite una sana satira proprio su Vendola, sul suo linguaggio così artefatto da sembrare incomprensibile.
Le motivazioni della premiazione sono state, principalmente, due: l’enorme successo economico del film e il fortissimo legame con il territorio. Nel film di Zalone si respira, infatti, la nostra Puglia fino in fondo, se ne può ammirare la bellezza in alcune scene che ritraggono, ad esempio, la spiaggia di Cala Paura a Polignano a mare, lo scenario unico e patrimonio internazionalmente riconosciuto dall’Unesco dei trulli di Alberobello, la cinquecentesca chiesa del Barsento a Noci. Ma Zalone si lega al territorio anche e soprattutto attraverso un’analisi in chiave comica delle problematiche della nostra Puglia non mancando di sottolinearne, però, i punti di forza.
Fondamentale, nella comprensione del film, è proprio il titolo “Che bella giornata”, un’affermazione nata in realtà da una incomprensione linguistica tra Checco e la protagonista femminile del film, Farah, di origine musulmana. La pellicola è infatti strutturata sulla frattura tra ciò che appare e ciò che è, sul limite tra verosimiglianza e realtà, sulla errata percezione delle cose spesso dettata da inconsapevolezza e buona fede. Così Checco vede la sua carriera lavorativa in crescendo quando arriva a fare la guardia alla Madonnina, sul punto più alto del Duomo di Milano; in realtà i suoi incarichi cambiano parallelamente ai danni che egli stesso compie sul lavoro.
Le note toccate da Zalone sono molteplici: si parte dalla crisi dell’occupazione a Sud, con la chimera del posto fisso che lo spinge dapprima all’ennesimo tentativo fallimentare di entrare nell’Arma dei Carabinieri e che lo porterà, in seguito, fino a Milano. Zalone affianca alla crisi occupazionale le realtà del clientelismo e del nepotismo, fortemente radicate a Sud e proposte, in chiave comica, con il protagonista che si avvale della raccomandazione di uno zio carabiniere dalla condotta non integerrima come scorciatoia in molteplici circostanze della sua vita o di sua madre che si affida al parroco presso il quale presta servizio come perpetua affinché lo raccomandi a Milano.
In queste dinamiche, una pietra miliare è costituita dalla figura della madre e, più in generale, della famiglia numerosa, quasi patriarcale come solo quelle del Sud riescono ancora ad essere, tutta raccolta e referente intorno alla figura seppure comica dello zio carabiniere. L’immagine di una famiglia salda, che riesce ancora a rappresentare un micromondo di valori, una nicchia all’interno della società.
Zalone loda la sua terra proponendo il capovolgimento di alcuni topos che ormai dominano la nostra società: da pugliese non cede alla “nordità” come la chiama lui, difende il suo essere meridionale con l’accento e le maniere franche, sempliciotte, spesso incuranti delle regole come molti ci rimproverano. Messaggio simbolico sulla forza della Puglia e, in generale, del Sud è proprio il ruolo di guardiano che Checco, pugliese, ricopre presso il simbolo della città di Milano quale è, appunto, la Madonnina.
Filo rosso del film è il fallimento del progetto multiculturalista, dell’incontro tra Oriente e Occidente, in superficie mescolati nella modernità, ma nel profondo ancora distanti e pronti allo scontro. Un equivoco, una mancata percezione, il sopravvento di una apparente normalità sulla chimera di una integrazione ancora difficile. Checco rappresenta molti di noi occidentali, assuefatti dall’utopia e dall’inganno multiculturalista e diviene, per questo, bersaglio preferito di due fratelli fondamentalisti che preparano un attentato nel nostro paese.
La partita tra Oriente e Occidente si gioca, però, senza armi a suon di pasta al forno, cotolette, timballo e cous-cous e raggiunge la sintesi in alcune scene topiche del film: la cena in cui siedono allo stesso tavolo i genitori di Checco e gli amici terroristi di Farah, uniti sorprendentemente da una piatto tipico pugliese, le cozze, che diventano il ponte tra due mondi lontani, che si incontrano nella convivialità piuttosto che nella politica internazionale e nei discorsi intellettuali sulle confessioni.
Il superamento dell’ideologia nell’approccio all’individuale, al caso concreto, questo è il messaggio che Zalone lascia passare, lo stesso che traspare in chiave comica quando convince per necessità il parroco a celebrare il battesimo del suo cuginetto con la madrina musulmana, costringendo la stessa ad entrare in una chiesa cristiana pur di non far saltare la sua copertura. I festeggiamenti per il battesimo, poi, sottolineano nella cornice dei trulli quanto la Puglia sia disponibile all’integrazione, quanto poco importante possa diventare l’ideologia, un credo astratto e lontano dal rapporto umano, dalla circostanza specifica, dalla vita reale.
In sottofondo, la diversa realtà tra Nord e Sud: l’eccezionalità con cui i parenti di Checco accolgono Farah sottolinea come, a Sud, gli immigrati siano una realtà ancora marginale che viene assorbita nella nostra identità locale grazie alle radici e alla bellezza della tradizione e dei valori che la popolazione sente ancora in maniera così forte.
Sferzata finale è l’amore, che emerge inaspettato e diventa collante, punto di giuntura, perché come dice Checco “l’amore non ha religione” e diventa esso stesso detonatore che fa implodere l’ideologia, convincendo la bella Farah a dirottare l’attentato salvando la Madonnina e rimanendo fedele a se stessa in quanto persona, ancor prima che donna di fede islamica.
Il film di Nunziante è una lente di ingrandimento sulla Puglia, sulle sue piaghe e meraviglie, sull’Italia che tra le sue contraddizioni si riscopre forte nella sua componente più preziosa: l’italiano. Il tutto condito e stemperato da una comicità che, pur nella risata, riesce a toccare corde sensibili della nostra identità e a descrivere in maniera leggera, ma non superficiale, le complesse questioni che animano la nostra società.