Confcommercio: burocrazia e illegalità fanno perdere 230 miliardi di Pil

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Confcommercio: burocrazia e illegalità fanno perdere 230 miliardi di Pil

19 Marzo 2016

«Ridurre il carico fiscale su imprese e famiglie»: è questa la scommessa che Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio, chiede al governo di fare. E ci sono due richieste precise, non generiche: evitare l’aumento dell’Iva nel 2017 e destinare alla riduzione dell’Irpef tutti i tagli agli sprechi e il recupero dell’evasione. «Meno tasse e meno spesa pubblica è la ricetta per un Paese più dinamico ed equo». 

 

Sangalli parla al Forumannuale della sua confederazione di Cernobbio. È la voce dei commercianti, una categoria tra le più colpite dalla crisi con il calo dei consumi e che si barcamena ancora tra luci e ombre. La situazione internazionale è favorevole: prezzi bassi delle materie prime, tassi al minimo, rapporti di cambio che dovrebbero incentivare investimenti ed esportazioni.  

 

Eppure l’economia italiana continua a ristagnare, nonostante i proclami del governo Renzi. L’Europa cresce, noi ci esaltiamo per uno 0,8. «Nel contesto internazionale positivo e con la politica fiscale distensiva, francamente l’1 per cento di crescita era il minimo che si potesse raggiungere», sintetizza Mariano Bella, direttore dell’ufficio studi di Confcommercio.  

 

E Sangalli elenca le priorità: «Riforma della pubblica amministrazione, impegno di ridurre i carichi burocratici sulle imprese, alcune misure del Jobs Act, riforma della scuola, niente inasprimenti fiscali». Le zavorre individuate da Confcommercio sono quattro: il deficit di infrastrutture che ostacolano gli investimenti stranieri, l’eccesso di burocrazia (perdite di tempo negli uffici pubblici e ritardi della giustizia civile), l’aumento dell’illegalità verso imprese e famiglie, il sistema scolastico inadeguato nella formazione. Basterebbe poco per ottenere molto: con una serie di riforme che garantiscano di ridurre burocrazia e illegalità del 5 per cento e di aumentare analogamente infrastrutture e capitale umano si otterrebbero 3,2 punti di Pil per 45,3 miliardi di euro.  

 

Eppure, la crisi dei migranti in Europa, il rallentamento dell’economia cinese, le recessioni in alcuni paesi emergenti e il pericolo Brexit, con il connesso pernicioso indebolimento dell’Unione Europea e, soprattutto, dell’ideale di Europa unita, mettono in discussione il teorema, purtroppo ancora non completamente dimostrato, che la crisi sia soltanto un brutto ricordo.   Insomma, in Europa e soprattutto in Italia, la partita della crescita è ancora tutta da giocare.  

 

Sono queste le condizioni del nostro moderato ottimismo che ci portano a prevedere un PIL a +1,6% per il 2016. Per questo ci aspettiamo e chiediamo che il governo affronti e risolva i problemi strutturali dell’Italia.  

 

Ci sono aree dell’Italia che non crescono perché scontano da troppi anni due deficit, legalità e infrastrutture, e due eccessi, burocrazia e carico fiscale. E’ inutile sottolineare come certe situazioni risultino più evidenti nel Mezzogiorno che continua a perdere peso in termini di abitanti, lavoratori e reddito e registra un ridimensionamento dei fattori di produzione. Non è dunque casuale che al Sud il problema della burocrazia "pesi" il doppio rispetto alle regioni del Nord-ovest così come, in tema di legalità, i reati sulle imprese siano quasi il doppio rispetto al Nord-est. Gli eccessi e i deficit strutturali del nostro Paese costano a ciascun cittadino 3.800 euro l’anno. La spesa pubblica corrente nel 2015 si è ridotta soltanto per effetto del minor costo per interessi. Mentre, per il resto, gli sforzi fatti non sono stati assolutamente sufficienti: tant’è che, negli ultimi venti anni, la pressione fiscale è passata dal 40,3% al 43,3%. 

 

Dice Sangalli: «Il Mezzogiorno continua a perdere peso in termini di abitanti, lavoratori e reddito e registra un ridimensionamento dei fattori di produzione. Al Sud il problema della burocrazia pesa il doppio che al Nord-ovest e i reati sulle imprese sono quasi il doppio rispetto al Nord-est».