Confindustria inizia la campagna elettorale per il referendum: “Recessione se vince il no”

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Confindustria inizia la campagna elettorale per il referendum: “Recessione se vince il no”

03 Luglio 2016

Confindustria scende in campo e si schiera con Renzi. Il Centro studi ritiene, addirittura, che il Sì al referendum costituzionale è necessario, pena la recessione: se dovessero prevalere i NO, è il messaggio, l’economia italiana soffrirà. Confindustria, circa dieci giorni fa, si era già schierata ufficialmente per il Sì al referendum di ottobre, il Consiglio generale aveva, infatti, condiviso la posizione del presidente Vincenzo Boccia. Ma ieri ha compiuto un ulteriore passo in avanti.

Secondo il Csc, rispetto alle previsioni, se prevalesse il No avremmo il Paese in recessione a partire dal 2017, con un calo nell’arco di tre anni di un 4% del Pil e una flessione del 17% circa degli investimenti. E non è finita: si registrerebbero una perdita di 600mila posti di lavoro e un aumento di 430mila poveri.

La vittoria del No al referendum costituzionale causerebbe un “caos politico” e lo scenario economico interno “sarebbe caratterizzato da cinque eventi ciascuno dei quali foriero di recessione”. Tra gli effetti “l’aumento dei rendimenti che l’Italia deve pagare per piazzare sul mercato il titolo del debito pubblico; difficoltà nell’effettuare le aste con le quali il Tesoro emette il titolo di Stato; la fuga di capitali dal Paese, sia esteri che italiani; la caduta di fiducia di famiglie e imprese per l’aumento dell’incertezza riguardo lo scenario economico, infine il cambio dell’euro che potrebbe svalutarsi se i capitali in uscita dall’Italia abbandonassero anche l’area euro”. L’effetto complessivo della vittoria del No, secondo Csc, è quantificato per il triennio 2017-2019 con il Pil che cala dello 0,7% nel 2017 e dell’1,2% nel 2018, salendo dello 0,2% nel 2019. Così incalza il centro studi.

Confindustria si schiera, pertanto, per l’approvazione del referendum perché “condivide argomenti e contenuti”, ha ribadito Boccia sottolineando che “la riforma è una questione di governabilità e di stabilità”.

Allo stesso tempo però il consiglio generale, nei giorni scorsi, aveva ammesso, che la riforma era migliorabile. In qualche modo un monito per ricordare al premier gli impegni presi con il mondo dell’imprenditoria.

Le reazioni politiche, da destra a sinistra, sono state improntate alla condanna dell’anatema confindustriale. Il primo è stato Brunetta, che, dal suo profilo Twitter ha tuonato: “Inaccettabile terrorismo per conto terzi del Centro Studi. Vergogna!”. Matteo Salvini ha parlato di “uno scambio di favori evidente” tra governo Renzi e imprenditori.

Anche Quagliariello (Idea), con l’ironia che lo contraddistingue ha twittato: “Se vince il No, più buco nell’ozono, più incidenti stradali, più mortalità infantile”. Sulla stessa linea il leghista Calderoli: “Pur di sostenere la sua ostinata campagna a favore del Sì al referendum Confindustria, e il suo Centro studi, arrivano a prevedere in caso di vittoria dei no le dieci piaghe d’Egitto o quasi, mancano solo le cavallette”.

Ci sono andati giù duri anche il capogruppo di Sinistra italiana Scotto e Loredana De Petris, presidente del gruppo Misto al Senato. Il primo ha chiosato “La nostra classe imprenditoriale invece di pensare a quale sarà l’esito del referendum lavori per far ripartire l’Italia”; la seconda “Questo sguaiato tentativo di spaventare gli elettori per costringerli ad approvare una pessima riforma costituzionale rivela solo quanto i poteri che sostengono il governo Renzi siano ora terrorizzati dall’esito del referendum”.