
Conte, game over!

28 Febbraio 2020
Meglio un governo di tutti che un governo retto da pochi “responsabili”. La proposta di un esecutivo di unità nazionale ha stuzzicato le menti di chi intravedeva un’ipotesi meramente strumentale: qualcuno ha interpretato il richiamo alla responsabilità collettiva alla stregua di un’occasione buona per relegare in un angolo “Giuseppi Conte” e il suo abbozzo di Conte ter. Non è così. O meglio: sarebbe bene se Giuseppi Conte si facesse da parte a prescindere. Dunque non soltanto in relazione al caos gestionale creatosi attorno al coronavirus. Quello, semmai, è l’ennesima prova di come questo governo faccia della confusione e della faciloneria due sorta di paradigmi precostituiti. La colla che tiene unito tutto, del resto, non è di ottima qualità. Ma adesso tempo per le polemiche non ce n’è. Bisognerebbe, piuttosto, che la politica tornasse ad occupare un naturale primato gerarchico: il Paese rischia di finire in un pantano economico senza uscita – chiamiamolo pure collasso – e sarebbe giusto che tutti gli attori in campo si mettessero la mano sulla coscienza, cercando di ripristinare un pensiero organico di fondo e tralasciando per un attimo i solletichi intestinali. Parlare alla pancia dei cittadini, che male non fa, adesso significa soprattutto calmare gli animi, raccontare la verità, imporre delle regole di buon senso ed evitare che l’intero Belpaese divenga vittima di una psicosi. Ecco perché un governo di unità nazionale – quello sì “responsabile” – avrebbe potuto rappresentare una soluzione nel breve. Avrebbe, appunto, perché pare che l’ipotesi sia stata già frettolosamente scartata senza calcolarne tutti i pro e i contro.
Un assetto istituzionale, così pensato, anzitutto, permetterebbe all’elettorato di sentirsi parte attiva di un processo che deve necessariamente portare alla soluzione dell’emergenza. Anche perché una rappresentatività piena metterebbe i partiti dinanzi a responsabilità dirette e precisissime. È giusto che nessuna forza politica utilizzi questa fase per speculazioni di carattere elettorale. La prospettiva delle urne entro 8 mesi, ancora, certifica come la tabella di marcia per l’abbattimento della epidemia debba prevedere soluzioni rapide e condivise. Il fatto che ci sia un timing, quasi per paradosso, può coadiuvare il raccordo tra interventi sanitari e direttive politiche. Si avrebbe fretta da ambo le parti. Una delle due fette sarebbe decisamente più nobile ed umana dell’altra, e il macchiavellismo può risultare salvifico. Ma sappiamo come il caso di questo virus lasci poco spazio alla previsionalità. Il fatto che la politica si dia delle scadenze, però, è già una notizia rimarcabile.
E poi ci sono le alternative: lasciare tutto così com’è, ossia la comunicazione al tempo di una epidemia nelle mani di Rocco Casalino, oppure incartarsi nella dinamica dei “responsabili”, sempre più “azionisti”, sulla scia del progetto di Calenda, che ora sembra pronto ad accogliere anche la Carfagna, Parisi ed altri esponenti di quello che, una volta, era il centrodestra liberale. Renzi – la stessa eventualità della proposta di governo istituzionale, che sarebbe partita proprio da Italia Viva, lo prova – sembra non vedere l’ora di sfilarsi da “Giuseppi”. Tertium, insomma, non datur: o stampella “responsabile” o governo di larghisisme intese, al quale però anche tutto il centrodestra dovrebbe aderire, per evitare le speculazioni elettorali di cui sopra. Delle urne, con i giallorossi ed i “responsabili”, non percepiremo nemmeno l’ombra. E quello che sta accadendo in questi giorni nella nostra nazione deve necessariamente mettere fretta a chi, come la politica, ora non può proprio permettersi di essere facilona e di perdere tempo dietro gli schematismi.