
Contrada chiede il rinvio della pena ma i giudici non rispondono

15 Gennaio 2008
“Il sottoscritto difensore del 76enne
Bruno Contrada, detenuto nel carcere militare Santa Maria Capua Vetere, in
riferimento all’udienza camerale del 10 corrente mese, non avendo ricevuto
comunicazione di alcuna decisione da codesto tribunale, rilevato sussistere et
permanere pregiudizio imminente et
irreparabile, causa condizioni di salute
gravi del condannato sollecita emissione chiesto provvedimento
differimento pena aut detenzione domiciliare stop declino ogni responsabilità
ipotesi infausta”.
In Italia anche i giudici vanno
messi in mora, visto che alcuni di essi si dilettano con la barca a vela mentre
dovrebbero stare a casa a curarsi il mal di schiena. E, per non sapere né
leggere né scrivere (come si dice a Roma), anche l’avvocato Giuseppe Lipera ha
preferito affidare a un telegramma dal suddetto testo ogni propria valutazione
sull’incredibile comportamento del tribunale di sorveglianza di Napoli che da
quasi quattro giorni non dà segni di vita dopo essersi riservato di decidere
sull’istanza di differimento della pena presentata dallo stesso Lipera venerdì
scorso.
Lipera, che nei prossimi giorni presenterà anche la propria
istanza di revisione dell’intero processo dreyfussiano che ha visto soccombere
definitivamente uno dei più stimati professionisti della lotta alla mafia in
Italia per mano di chi proprio lui aveva assicurato alla giustizia, ieri ha anche
ringraziato l’ex premier Silvio Berlusconi, a nome dello stesso Contrada, per
le parole di affetto e di solidarietà rivolte dal Cavaliere sabato durante il
meeting dei circoli azzurri. Lipera ha fatto notare che la solidarietà di
Berlusconi si è aggiunta a quella di centinaia se non migliaia di altri comuni
cittadini italiani che si vantano di non credere alla verità dei pentiti di
mafia e di chi li ha manovrati.
L’avvocato Giuseppe Lipera ha
anche ribadito in un
comunicato che la lettera da lui
inviata al Quirinale era da considerarsi ”una implorazione-supplica e giammai
una domanda di grazia, né poteva essere altrimenti per altro”.
“Non è assolutamente e
categoricamente possibile sollevare
dubbi interpretativi sul contenuto formale e sostanziale, della mia lettera del
20 dicembre scorso -spiega polemicamente Lipera – inviata al signor capo dello Stato Giorgio Napolitano e
ricordo che il testo è presente sul sito www.brunocontrada.info”. L’avvocato
penalista ha inoltre ricordato la lettera a lui inviata il 24 dicembre scorso
dal giudice Loris D’Ambrosio, consigliere del Quirinale per gli affari di
giustizia, e ribadisce che da quel documento risulta che “era stata rettamente
interpretata fin dal primo momento da parte, quantomeno, degli uffici del
Quirinale, la mia lettera: ribadisco implorazione-supplica e non domanda di
grazia”.
Tutto ciò implica una vera e
propria marcia indietro dello stesso Napolitano che in un primo momento aveva
dato avvio all’iter della grazia presidenziale in maniera del tutto autonoma,
ben essendo consapevole della lettera di Lipera e della sua valenza, e che
oggi, pressato da Rita Borsellino, Giancarlo Caselli, Guido Loforte e Roberto
Scarpinato, si è visto costretto a fare macchina indietro adducendo inesistenti
motivi di procedura e di prassi. Ma, si sa, anche la grazia in Italia, pu%C3