Contrada torna a Palermo ma lo aspetta un nuovo inferno
03 Ottobre 2008
“Se il Padreterno lo vorrà, presto Bruno Contrada sarà finalmente a casa da sua moglie”. L’avvocato Giuseppe Lipera ha commentato così la notizia della concessione degli arresti domiciliari all’ex dirigente del Sisde, che potrebbe tornare presto a Palermo. In effetti Contrada non potrà lasciare Napoli prima di martedì prossimo: lo aspetta una delicata operazione chirurgica per rimuovere alcuni polipi intestinali che potrebbero degenerare in carcinomi maligni. Siccome molti dei forcaioli nostrani hanno ironizzato sulle sue reali condizioni di salute, la sua famiglia ha ribattuto che “si sappia che, dal 24 luglio a oggi, quello che alcuni giornali si ostinano a chiamare ‘il dottor Bruno Contrada’ ha trascorso gli arresti domiciliari a casa della sorella, a Napoli, esclusivamente tra medici, ricoveri ospedalieri, esami istologici e cardiaci e piccoli interventi chirurgici”. Come dire, l’odissea nella malagiustizia all’italiana, per Contrada, si sta prolungando in un’avventura nella mala sanità, e a quanto pare entrambe non sono ancora finite.
Oggi Bruno Contrada è alla soglia dei 78 anni e a Palermo vorrebbe tornarci possibilmente vivo. Specie dopo essere stato sottoposto a un’ennesima operazione chirurgica in anestesia totale. L’avvocato Lipera ha dichiarato alla stampa che ci sono anche problemi di trasporto: “il mio assistito non è assolutamente in grado di affrontare un viaggio lungo e stancante”. E quindi? “Escluso un trasbordo via terra o via mare, chiederemo il trasferimento in aereo, magari senza scorta, visto che un detenuto ai domiciliari – per definizione, non è a rischio evasione. Potrebbe scappare in ogni momento, quindi non ci pare abbia senso l’uso delle forze dell’ordine… semmai sarebbe più utile farlo accompagnare da un medico o da un infermiere”.
Intanto, se la sua salute non farà brutti scherzi, la prossima settimana si ridiscuterà della storia giudiziaria di Contrada davanti alla Cassazione. Il 7 ottobre, all’ordine del giorno, sarà l’istanza di revisione dell’intero processo, che la corte di appello di Caltanissetta aveva rigettato lo scorso luglio. L’8 ottobre sarà la volta del differimento della pena per le condizioni di salute di Contrada che, tra l’altro, in carcere ha perso quasi tutti i denti e, in questi giorni, deve pensare anche a una protesi dentaria (pure quella). Quest’uomo distrutto dalla giustizia all’italiana è ormai a un bivio della propria esistenza: resistere fino a quando non gli sarà restituito l’onore, oppure cedere, lasciarsi andare, smetterla di combattere. L’avvocato Lipera non dubita che Contrada abbia la forza di volontà per andare avanti, come già la ebbe Giulio Andreotti prima di lui. Ma c’è una differenza non proprio trascurabile tra i due: Andreotti era protetto dall’immunità parlamentare e non ha conosciuto lunghi anni di carcere come Contrada. Invece i nemici di Contrada, sia tra i pentiti che all’interno della magistratura, sanno di avere il tempo dalla loro parte, come pure contano sulla debilitazione psico-fisica di una persona anziana.
Se Contrada morisse sarebbe tutto più facile. Anche le associazioni di vittime della mafia avrebbero il loro capro espiatorio, legittimando il teorema che indica gli organismi deviati dello stato e alcune delle sue istituzioni come i veri referenti di Cosa Nostra. Alla fine di questo ventennio di inquisizione – dai professionisti dell’antimafia alle primavere di Palermo, passando per gli spettacoli di Santoro – c’è almeno un ostaggio da consegnare in pasto al celebre “terzo livello”. Chi meglio dell’inerme Bruno Contrada?