Contrada trasferito in ospedale. Ora i giudici temono per la sua vita

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Contrada trasferito in ospedale. Ora i giudici temono per la sua vita

28 Dicembre 2007

Da stasera Bruno Contrada è stato trasferito al padiglione
“Palermo” dell’ospedale Cardarelli di Napoli. Si tratta di un reparto di
massima sicurezza dell’ospedale napoletano riservato ai detenuti in pericolo di
vita . L’ordine è venuto dalla stessa magistrata di sorveglianza di Santa Maria
Capua Vetere che gli aveva negato gli arresti domiciliari lo scorso 12
dicembre, Daniela Della Pietra. Che, secondo i familiari di Contrada avvertiti
a cose fatte, “deve avere agito così per pararsi le spalle nel caso che dovesse
succedere qualcosa a Bruno da qui al 10 gennaio”. Data in cui si terrà
l’udienza nel merito del differimento della pena presso il tribunale di
sorveglianza di Napoli davanti alla giudice Angelica Di Giovanni. La stessa che
voleva mandare in galera Lino Jannuzzi per il reato di diffamazione a mezzo
stampa un po’ di tempo fa.

Contrada ieri è passato all’attacco mediatico contro tutte
le infamie che gli sono state scaricate addosso in questi giorni: in un
comunicato ha detto di volere continuare la battaglia per la propria innocenza
e di non avere mai chiesto direttamente la grazia.

All’inizio del sedicesimo anno del mio calvario – scrive Contrada – 
intendo continuare ad urlare la
totale estraneità alle infamanti accuse rivoltemi. Lo farò fino a quando avrò
un filo di voce che mi permetterà di rivolgermi a qualsiasi giudice disposto ad
ascoltarmi. Per questo motivo non ho chiesto alcuna grazia, poiché questa riguarda
i colpevoli.”

“Voglio quindi rasserenare gli animi dei parenti delle
vittime della mafia che hanno manifestato le loro opinioni senza conoscere
personalmente l’uomo Bruno Contrada e quello che lui ha compiuto nella lotta
contro la mafia
– scrive ancora l’ex
superpoliziotto –
spero così che i toni di questi giorni vengano smorzati e
ringrazio coloro che hanno creduto e credono in me”.

Fin qui il comunicato di Contrada
che ha preceduto di qualche ora il provvedimento del giudice di Santa Maria
Capua Vetere che anche l’avvocato Lipera interpreta come ”una vera e propria
marcia indietro”.

Contrada domani sarà presente sui
media anche in una commovente lettera anticipata da “Il foglio” di Giuliano
Ferrara. In essa si legge tra l’altro che “..tutti
sanno quale battaglia da lungo  tempo si
sta conducendo per l’abolizione della pena di morte nel mondo intero  e tutti sanno che gli italiani, in particolar
modo i radicali, sono in prima linea in tale strenua lotta,
con tenacia perseverante e con elevato senso di umanità e di civiltà  giuridica”.

“Ma non tutti sanno che la morte – continua la lettera al “Foglio” intitolata “La pena, il
carcere, la morte” –  viene 
irrogata a condannati, spesso colpevoli e talvolta innocenti, non  soltanto in unica e istantanea soluzione con
una iniezione letale o  con una scarica
elettrica o con un cappio al collo o con un proiettile
alla nuca; essa è anche inflitta, non istantaneamente ma
nel tempo, con ceppi inutili e inumani su corpi martoriati dalle infermità e
dalla senilità, molto vicini all’ultimo passo. Anch’essa è una  condanna a morte, sebbene dilazionata nel
tempo”.

Contrada chiude la lettera con una
domanda retorica: “Non è forse lecito
pensare e dire ciò, alla lettura di qualche provvedimento giudiziario in
materia di
carcerazione? Mi riferisco alla nostra Italia e non alla
Cina, agli  Usa o all’Arabia Saudita!”.

Fin qui le novità dell’ultima ora sul caso Contrada.

A margine del caso vanno anche registrati però gli ennesimi
colpi bassi della contro campagna di “Repubblica” che sembra invece auspicarsi
la morte in carcere dell’ex numero due del Sisde.  Nei giorni scorsi il quotidiano  ha tentato di sobillare senza successo tutti
i parenti delle vittime della mafia contro l’ipotesi di grazia presidenziale.
Ma non riuscendo a ottenere altro che l’appoggio di quelli che da anni militano
nelle associazioni più politicizzate dell’antimafia militante.

Con le clamorose defezioni del figlio del procuratore Costa,
assassinato a Palermo nel 1980, e della vedova del commissario Boris Giuliano,
un collega che fu tra i migliori amici di Contrada.

Oggi  il quotidiano
che fu a piazza Indipendenza (e che ora si ritrova al Torrino) ha superato ogni
record di malafede e di disinformazione nel  
riciclarsi per nuova una notizia che poi è proprio quella con cui
“L’Occidentale” iniziò la propria campagna stampa: il testo della motivazione
incredibile con cui il giudice di sorveglianza di Santa Maria Capua Vetere ha
rifiutato i domiciliari all’ex numero due del Sisde.

Notizia peraltro superata dal provvedimento di poche ore fa
con cui la stessa magistrata ha fatto marcia indietro.

Il provvedimento è dello scorso 12 dicembre, molti giorni
prima che si parlasse di grazia, ma “Repubblica” nel titolo in prima pagina fa
addirittura credere che questa cosa sia da leggere come un primo stop alla
domanda del difensore di Contrada.

Appropriarsi degli scoop altrui senza citare la fonte si
chiama rubare, presentarli in questa maniera si 
chiama disinformazione.