Contro Adam Smith e in nome del mercato
10 Febbraio 2008
Quello di Adam Smith è un nome spesso caro a quanti avversano la presenza dello Stato nella vita produttiva e auspicano una progressiva liberalizzazione dell’economia. Non a caso anche quanti auspicano una limitazione delle libertà economiche poggiano il loro argomentare su ampie citazioni dalla “Ricchezza delle nazioni”: come a dire che se perfino Smith era favorevole a questo o quell’intervento pubblico, allora si può arguire che vi è più di un motivo per sostenerlo.
Eppure lo studioso è ben lungi dal fare l’unanimità all’interno della cultura liberale, come attesta un recente, provocatorio e dissacratore volume di Murray Rothbard intitolato Contro Adam Smith (pubblicato da Rubbettino e Leonardo Facco e in vendita a 15 euro) in cui il maggiore esponente della teoria libertaria porta un attacco durissimo a quello che ancora oggi viene talvolta definito il “padre dell’economia”.
Le ragioni di tale condanna senza attenuanti sono numerose, anche se forse la principale e la più “pesante” è da riconoscere nel fatto che con “La ricchezza delle nazioni” inizia a prevalere all’interno del pensiero europeo una teoria oggettiva del valore (detta del “valore-lavoro”) destinata a sviare per due secoli la riflessione su questo punto cruciale e che sarà anche foriera di gravi conseguenze sociali: proprio su tale piedistallo, d’altro canto, Karl Marx elaborerà la teoria del plus-valore e dello sfruttamento capitalistico.
Per uno studioso di scuola austriaca quale Rothbard il valore è solo soggettivo: beni e servizi non hanno un qualità in sé, poiché essi valgono se e quando sono apprezzati da qualcuno. Per questa ragione il loro valore non è necessariamente legato alla quantità di fatica necessaria a produrli.
L’incapacità di cogliere la vera natura del valore è certo un grave limite della riflessione smithiana, ma forse qualcuno troverà eccessiva l’acrimonia dell’economista americano. In realtà, in questo scritto (che riproduce un paio di capitoli della monumentale storia del pensiero economico a cui l’autore lavorò negli ultimi anni di vita) Rothbard ritiene che prima di Smith fosse assai viva e consolidata un’interpretazione del carattere soggettivo del valore – a cui diedero un contributo rilevante teologi e studiosi di fede cattolica – che è venuta meno proprio a causa del trionfo intellettuale della scuola smithiana.
Come sottolinea Paolo Zanotto nella prefazione al testo, quando metà degli anni Novanta del secolo scorso la History rothbardiana fu pubblicata essa venne accolta “come una vera contro-rivoluzione nella disciplina”. L%E2