Contro il rischio bolla immobiliare Pechino ha il solito piano (pluriennale)

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Contro il rischio bolla immobiliare Pechino ha il solito piano (pluriennale)

31 Dicembre 2011

La bolla immobiliare non è stato (e non è) un fenomeno solamente americano. Di per sé potrebbe essere definito come il caso in cui il valore degli immobili si scollega dai fondamentali economici sottostanti (ad esempio il rendimento degli affitti ed i salari reali) a causa di un accesso al credito eccessivo a condizioni troppo favorevoli (i cosiddetti prestiti subprime) o di aspettative non razionali (anticipando trend futuri dei fondamentali economici).

Il subprime è un debitore con una probabilità di andare in default più alta della media e le condizioni del prestito dovrebbero riflettere appropriatamente il profilo di rischio (cioè avere un tasso di interesse più alto e una minore soma erogata). La crisi del subprime è cominciata quanto si sono dati soldi a debitori subprime a condizioni prime, incrementando ulteriormente la bolla immobiliare in assenza di misure correttive.

La pretesa che in paesi a forte crescita – vedi Cina – non ci sia subprime è sbagliata. Infatti sono mesi che il governo cinese sta cercando di riportare sotto controllo i costi della terra e dell’immobiliare, cresciuti a dismisura negli ultimi anni anche grazie agli stimoli anti-recessivi utilizzati per affrontare la crisi internazionale. Prezzi eccessivi generano forti squilibri sociali (rendendo quasi impossibile ai giovani l’acquisto del primo immobile, visto che il prezzo medio di un immobile è equivalente a più di 12 volte il salario medio, mentre in una economia sana il valore dovrebbe oscillare tra 3 e 5) ed esasperano ulteriormente la grande malaise di cui soffre l’economia cinese, il divario sociale ed economico tra le città sulla costa e l’interno del paese.

È un equilibrio delicato, una ‘stretta’ eccessiva ha implicazioni molto negative sul sistema bancario (incrementando il livello assoluto di sofferenze delle banche), sul settore delle costruzioni (con un aumento dei numeri dei disoccupati), sul settore del risparmio (il mattone rappresenta una delle poche opzioni per investire i propri risparmi in Cina) e sulla tenuta dei conti pubblici (viste le tasse collegate all’acquisto ed alla proprietà di beni immobili). E non esiste una soluzione miracolo che sia in grado di evitare conseguenze negative per qualcuno degli attori in questione.

Le mosse attuate fino ad oggi (di fatto una leggera stretta creditizia) hanno avuto il risultato di rallentare la crescita dei prezzi (finalmente in crescita negativa l’ultimo trimestre) e far diminuire il volume totale delle transazioni immobiliari (scese del 30% in un anno). La soluzione preparata del governo è un grande piano pluriennale di edilizia popolare (più di 36 milioni di appartamenti da consegnare chiavi in mano nei prossimi anni) nelle aree urbane, generando occupazione, incentivando migrazione interna verso le aree costiere più ricche e aumentando l’offerta di immobili nelle aree a crescita più elevata.

Ovviamente non è tutto oro quel che luccica, le autorità locali sono in gran ritardo a causa delle difficoltà economiche (più del 40% delle loro entrate vengono da tasse su transazioni immobiliari), un terzo delle case consegnate non è finito e alcune case sono state consegnate ad amici ed amici di amici (tutto il mondo è paese). Anche assumendo un pieno successo del piano pluriennale, il risultato sarebbe solamente una diluizione del problema, ritardando di qualche anno l’arrivo dell’ondata ed esasperando ancora di più la migrazione interna ed il divario economico e sociale tra la costa e l’interno.

La situazione è estremamente delicata, e le recenti tensioni sociali sconsigliano soluzioni imposte dall’alto a scapito delle masse rurali. Resta da vedere come evitare tensioni eccessive e gestire le problematiche di lungo termine che affliggono l’economia cinese: il divario tra costa e provincie interne (riducendo la spinta demografica sulla costa), l’assenza di un settore del risparmio gestito (offrendo alternative allettanti al mattone), un settore bancario più professionale (cioè prestiti più equilibrati nel settore) e una regolamentazione più stringente sulle nuove costruzioni (adattando l’offerta di nuovi immobili alla domanda).

I problemi (ma non le cause) non sono così diversi da quelli osservati negli Stati Uniti, in Regno Unito, in Irlanda e in Spagna, che sono i mercati occidentali più problematici al giorno d’oggi, e sarà interessante vedere come una economia di mercato calmierata dal Partito comunista cinese risponderà a queste sfide.