Contro Pera Teodori usa toni da sagrestia
09 Febbraio 2008
Massimo Deodori, su ‘La Stampa’ dell’8 febbraio, sferra un veemente attacco, degno di miglior causa, contro il Centro Mario Pannunzio di Torino, per aver invitato Marcello Pera a tenere una lezione sulle Passioni di Tocquevillle , un saggio memorabile del fondatore de ‘Il Mondo’ che il compianto Nicola Matteucci volle ripubblicare sulla sua rivista ‘Il Mulino’.Il laicismo di Pannunzio, scrive indignato Teodori,
Ma, tralasciando queste esegesi storico-filosofiche, che si prestano così poco ad essere tenute in considerazione dai fuochisti della locomotiva politica, preoccupati solo della legna da ardere nelle loro caldaie, veniamo al punto del ‘laicismo’. Ritengo anch’io, lontano come sono dall’universo dei neo-con e dei teo-dem, che sia stato francamente eccessivo, e oltretutto di cattivo gusto, dichiarare il ‘laicismo’ peggiore dei due totalitarismi, rosso e nero, del secolo breve. Ma cosa c’entra questo con la presunta appropriazione indebita dell’eredità culturale di Pannunzio?
Il laicismo, al quale si riferisce Pera, è quello degli ‘atei razionalisti’, dei Piergiorgio Odifreddi, delle Margherite Hack, dei Marcello Cini, dei Paolo Flores d’Arcais ovvero degli zombi dell’anticlericalismo ottocentesco oggi rimessi in circolazione anche, va riconosciuto, dalle intemperanze verbali e dall’incapacità di self control, di illustri prelati vaticani. L’intolleranza –v. l’episodio del papa alla Sapienza–e l’ottusità mentale dei suddetti laicisti—basti leggere le loro letture storiche delle crociate, dell’Inquisizione, delle guerre di religione—sono state tali da attivare la reazione, tanto sobria quanto ferma, persino di autorevoli esponenti della sinistra radicale– come il ministro uscente della P.I. Fabio Mussi– marxisti, sì, ma poco propensi a prendere alla lettera il giudizio del fondatore del ‘socialismo scientifico’ sull’oppio dei popoli (giudizio che lasciano tutto a Pannella, alla Bonino, a Boselli & C.). E’ un oltraggio alla memoria del direttore de ‘Il Mondo’ prendersela con tale genia? In questi giorni, a Torino, circola una lettera di ‘illustri accademici’—Nicola Tranfaglia in testa, tanto nomini nullum par elogium—che riapre il contenzioso col Rettore della Sapienza colpevole di aver invitato Papa Ratzinger alla cerimonia inaugurale dell’anno accademico, ebbene, ci si chiede, Mario Pannunzio redivivo avrebbe firmato la protesta tranfagliesca, avrebbe inviato un bigliettino di ringraziamento a Teodori, o avrebbe deciso di andare a sentire, nascosto tra la folla, quanto su di lui si accingeva a dire Marcello Pera? Tutti possono sbagliare ma per me ,che leggevo ‘Il Mondo’ nei lontani tempi del liceo, quando Teodori navigava, a suo agio, tra le acque tempestose della protesta giovanile italiana e nordamericana, non possono esserci dubbi. Anche perché il contesto sociale e culturale nel quale Pannunzio esprimeva le sue ‘passioni laiche’ è profondamente mutato e solo la faziosità ideologica impedisce ancora di prenderne atto.
Vediamo in che senso. Riprendendo riflessioni già accennate in altri articoli,possiamo parlare delle tre stagioni dell’anticlericalismo legittimo (ovvero giustificato dal punto di vista liberale)
La prima è quella delle due giurisdizioni:ci sono i tribunali dello Stato e quelli della Chiesa, i primi per giudicare i delitti contro le autorità secolari, i secondi per giudicare quelli contro Dio. Ancora ai primi dell’Ottocento—si veda il bellissimo film di Roman Polanski L’ultimo inquisitore– una magistratura vescovile poteva distruggere una famiglia, un cui membro fosse sospetto di eresia. Quando Voltaire elevava il grido ecrasez l’infame sapeva bene quel che si diceva.
La seconda stagione è, per così dire, ‘politica’: le leggi le fa lo Stato e dello Stato sono i tribunali ma alla Chiesa vengono concessi privilegi incompatibili con lo spirito moderno. E’ impensabile per un ateo o per uno scomunicato non solo accedere a uffici pubblici ma, altresì, conseguire un diploma di studio, per il quale occorre un certificato di buona condotta rilasciato dal parroco competente. L’espulsione (scandalosa) di Ernesto Buonaiuti dall’Università italiana, in seguito al Concordato, ne costituisce un esempio da manuale di diritto pubblico.
La terza stagione, infine, ha a che vedere col sociale: ad atei e miscredenti non è negato alcun diritto di nessun genere ma una condanna del vescovo comporta il ritiro della ‘stima sociale’ nonché l’isolamento morale dei malcapitati. Emblematica, sotto questo riguardo, la reazione sdegnata che suscitò in tutto il paese il vescovo di Prato che, durante la predica, aveva definito ‘concubini’ due parrocchiani che vivevano more uxorio senza aver contratto nozze regolari.
Oggi, per fortuna, quelle tre stagioni sono alle nostre spalle. Da tempo, per fare un esempio significativo, professori universitari cattolici e praticanti reclutano (persino all’Università cattolica!) borsisti, ricercatori, docenti tra allievi agnostici, non credenti e spesso atei tutt’altro che devoti (a proposito, come mai non conosco un solo caso opposto, di un professore ateo che sceglie un collaboratore cattolico?): essere religioso o no, per le sue ricadute sociali, equivale ormai al fare il tifo per l’Inter o per il Milan.
Certo molti cattolici, minoranza pur sempre ragguardevole e come tale corteggiata a destra e a sinistra, si mostrano spesso ossequienti dinanzi alle direttive dei vescovi in tutto ciò che riguarda le questioni familiari e bioetiche e, innegabilmente, per i laici, come me, tale abito mentale non è sempre una ‘ cosa buona’. Ma chi impedisce poi ai laici non di protestare contro la legittima—come quella di qualsiasi altra agenzia spirituale—‘ingerenza’delle gerarchie vaticane nella vita italiana ma di invitare quanti hanno a cuore le sorti di una società libera a non votare per l’UDC, per Clemente Mastella, per Paola Binetti? C’è qualcuno che vieta loro una propaganda elettorale alternativa a favore di candidati come Benedetto Della Vedova, Antonio Polito, Claudia Mancina? In fondo, nessuno può vietare a Fausto Bertinotti di manifestare le sue simpatie per Chavez ma neppure può vietare ai liberali di mettere in guardia gli elettori dagli amici del populismo giustizialista sudamericano, da Franco Giordano ad Antonio Di Pietro.
Se questo, come presumo, è lo spirito della ‘vera laicità’, oggetto dell’ironia (un po’ gratuita) di Teodori,tale spirito è l’antitesi del laicismo demonizzato da Pera, ma estraneo, altresì, allo stile liberale e aristocratico di Mario Pannunzio.
Dubitare poi che l’ex Presidente del Senato, alla luce del suo intenso dialogo con Joseph Ratzinger, possa dirsi un erede diretto e legittimo dell’animatore del ‘Mondo’è possibile e ragionevole. Sennonché è una bella pretesa quella di esigere che sia autorizzato a parlare di Alessandro Manzoni solo un manzoniano e a parlare di Benedetto Croce solo un crociano.
Comunque si voglia intendere il liberalismo, lo spirito di setta ne è distante anni luce.