Convenzione, il “trappolone” non è quello di Berlusconi

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Convenzione, il “trappolone” non è quello di Berlusconi

08 Maggio 2013

di Ronin

Silvio Berlusconi stoppa la Convenzione spiegando che il rischio è quello di perdere tempo: "Credo che il cambiamento debba essere portato avanti dal parlamento come dice l’articolo 138 della Costituzione in modo tale che si possa arrivare nel più breve tempo possibile" alle riforme. Aggiunge di aver solo scherzato quando si era proposto di guidare l’organismo, ma rivendica di aver posto per primo il problema delle riforme quando scese in campo nel ’94.

La Convenzione, lanciata da Bersani, ripresa dai saggi nella Relazione consegnata a Napolitano, citata nel discorso di insediamento alle Camere del Premier Letta, nelle intenzioni resta una buona idea, un organismo in grado di accelerare e spronare il lavoro del Parlamento. Certo la sua costituzione non non sarebbe cosa facile: lo stesso ministro per le Riforme Quagliariello in una intervista alla Stampa di qualche giorno fa riconosceva, pur non condividendole, le osservazioni critiche sulla cornice giuridica necessaria all’operazione, per esempio sul tema delicato delle eventuali personalità esterne al parlamento da inserire tra i "nuovi 75".

Ma il problema non è stato questo, una procedura condivisa avrebbe potuto essere trovata, e in ogni caso nel frattempo Quagliariello sta lavorando sull’agenda più concreta della modifica dei regolamenti parlamentari. La verità è un’altra. Lanciando l’esca del "mi candido alla guida della Convenzione", il Cav. ha tirato in superficie quel caos nei fondali del Pd che alza le barricate ogni volta che sente nominare Silvio. Tanto che si  potrebbe capovolgere il ragionamento fatto dal Professor Sartori sul Corriere della Sera: "il trappolone" non è quello che il Cav. prepara ai danni del Governo Letta, ma quello dei Democrats, che forse pensavano di prendersi anche la Convenzione dopo aver fatto il pieno con presidenza della Camera, del Senato e Presidente del Consiglio. 

Sartori ha scritto che la Convenzione rischiava di "restare impigliata" nel dibattere le riforme costituzionali e che al momento giusto Berlusconi avrebbe fatto un passo indietro, favorito nei sondaggi, facendo cadere il Governo e tornando a votare con il Porcellum. La Convenzione strumento per "tirarla alle lunghe", insomma. Ma vedendo la reazione del Pd alla candidatura del Cav. viene da dire che la discussione neppure è iniziata perché abbiamo capito subito di quale tenore sarebbe stata e chi avrebbe allungato i tempi sperando in sondaggi più favorevoli.

Di fronte a uno scenario destinato a complicarsi ulteriormente, con il rischio che la Convenzione potesse trasformarsi in una trappola per il Governo, il Cav. molla la presa e lancia un post distensivo via Facebook: "Le forze politiche devono aiutare il governo e non dargli difficoltà. Non mi sembra logico in un momento come questo buttare difficoltà sul governo che invece deve essere aiutato al massimo". Non sembrano le parole di chi è pronto a staccare la spina.