Coop vs Esselunga: la battaglia è inifinita. Continua a colpi di sentenze sul libro

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Coop vs Esselunga: la battaglia è inifinita. Continua a colpi di sentenze sul libro

01 Novembre 2016

Prosegue la battaglia legale tra Esselunga e Coop, dopo la pubblicazione, nel 2007, del libro “Falce e carrello“, dove Bernardo Caprotti  raccontava delle difficoltà di costruire i suoi supermercati in Emilia e dei “bastoni tra le ruote” che gli erano messi “dalle Coop rosse”. La causa per risarcimento danni si è riaperta nelle scorse ore davanti alla Corte di Appello di Milano e il problema riguarderà gli eredi di Caprotti. 

La Corte di Cassazione ha accolto ieri il ricorso che opponeva Mario Zucchelli, presidente di Coop estense, e della stessa Coop estense ad Esselunga. La cooperativa contestava gli effetti del libro giudicandolo denigratorio e in grado di influire negativamente sui meccanismi della concorrenza. Dal canto suo Esselunga ha fatto notare che sempre ieri la Cassazione ha pubblicato anche le decisioni relative al contenzioso su «Falce e carrello» promosso da Coop Adriatica e Coop Italia. Qui (sottolinea il gruppo ) la suprema corte ha riconosciuto in sostanza la correttezza delle conclusioni della Corte di Milano.

Ad avviso della Cassazione, nel processo di risarcimento intentato dalle Coop i giudici milanesi di primo e secondo grado hanno sbagliato a considerare quel libro, distribuito e pubblicizzato da ‘Esselunga’, non come una inchiesta giornalistica che deve essere scrupolosa, ma “come un’opera letteraria” priva di “intento informativo” e sorretta solo dall’esigenza “narrativa” di esporre la personale riflessione di Caprotti sul sistema delle Coop e che, pertanto, era scriminata “dal diritto di critica essendo anche un tema molto dibattuto da politica ed economia”.

Per la Cassazione che “l’errore” di aver così qualificato il libro di Caprotti” ha indotto” i giudici milanesi “a prescindere da una verifica puntuale” del rispetto “della forma civile dell’esposizione” e della verità delle vicende narrate. Secondo i supremi giudici, sarebbe stato necessario “valutare il requisito della continenza in modo rigoroso” di fronte a espressioni che indicavano Zucchelli come “un oste imbottito di denaro”, una persona che si muove “in uno stagno torbido, fetente” e “tiene Modena al guinzaglio come un cagnolino” e la coop come fornita di una capacità “illimitata di mentire e di ribaltare la realtà”, come per la vicenda dello “scippo” di un terreno acquistato a basso prezzo da una anziana sopravvissuta ad Auschwitz. Per la Cassazione, occorreva scandagliare la verità di queste affermazioni e non liquidarle come “verosimili” perché non si possono giustificare scritti che narrano singoli fatti veri ma tacciono “dolosamente o colposamente” su altrettante circostanze “tanto strettamente ricollegabili ai primi da mutarne completamente il significato”.